Gradinata Nord live in Arcore (Mi), 6 maggio 00
(Claudio) Un buon diversivo per il sabato sera, altrimenti dedicato alla solita trafila bettole-locali di merda-ecc., è questa data brianzola dei Gradinata, assieme ai nostri compaesani Unabomber che gentilmente ci hanno procurato l’ “ingaggio”. Dunque, i Gradinata Nord sono una specie di “all-star band” (molto ma molto fra virgolette!) basso-valtellinese, all’epoca composta da Diego (batterista degli Alienazioni Unite e dei Dustup) e Lanzo (che non annoverava altre militanze musicali, a parte il ruolo di trombettista in una Ska-Reggae jam band locale) alle due voci, Alex (chitarrista degli Eternit) e Renza (voce di Alienazioni Unite e Obbrobrio) alle due chitarre, Bassman (bassista dei P.V.C. e chitarrista degli Snowdon) al basso e il sottoscritto (Eternit e Obbrobrio) alla batteria. Facciamo (o meglio, proviamo a fare!) Oi!-Core “ignorante” coi testi in italiano e il nostro nome è un tributo alla curva del Lecco, la squadra che metteva d’accordo tutti e cinque i componenti originali; nati per gioco a inizio 2000 per aprire un concerto locale con un pugno di covers di Nabat e Agnostic Front, abbiamo continuato e questo è il nostro terzo concerto. Saltato il furgone che nei nostri piani ci avrebbe dovuto condurre sul luogo del “gig”, si decide di muoversi con due macchine: una in partenza alle quattro del pomeriggio (assieme al furgone degli Unabomber, certo più organizzati di quel’accozzaglia di disgraziati dei Gradinata!), l’altra dopo le sei (visto che l’Alex stacca dal lavoro alle cinque e mezza e il Lanzo deve presenziare ad un funerale!); il ritrovo è al monumento (dei caduti) di Morbegno con i sei Unabomber più il Manager; il nostro mini-contingente è formato da me, Renza, Bassman, la Lia (morosa del nostro appunto bassman), il prof. Botka (fratello del suddetto) e Rocco (Fiera dell’Odio/Odio Alpino, il nostro “roadie”, accessoriato con bandana blu alla Indigesti (quelli d’epoca) -anche se, a dire il vero, mi ricordava molto più il boss Bruce Springsteen dei tempi d’oro!- e zaino stracolmo di lattine e bottiglie di birra!). Si passa una buona oretta a cazzeggiare con i vari frequentatori della Piazza morbegnese, perché giù ad Arcore hanno problemi per la batteria; non ne voglio sapere nulla e, ad essere sinceri, non me ne frega più di tanto; sarà che ho perso gran parte dell’entusiasmo che avevo anni fa per queste suonate fuori porta, sarà che sento puzza della classica scusa milanese-brianzola per far portare la batteria (lo strumento più rognoso da muovere in giro) ai gruppi di montagna o del lago (chiedere ai Potage o ai Carrions N.N.!), che “tanto sono degli sfigati di merda e, cioeffiga raga, farebbero ogni cosa per suonare qui nella mecca dell’hardcore e allora, porcoddio (facoltativo, visto il proliferare delle bands cristiane), facciamo portare la battery a loro, bella lì!”, quando la sera stessa suonano due gruppi più o meno del posto. Alla fine, dopo lunga contrattazione telefonica gestita dagli Unabomber, la batteria la porteranno gli Shotgun Solution…eh sì, magari! …gli Shotgun Formation, e allora si parte. Io, Botka, Renza e Lia saliamo sulla Subaru di casa Botka, condotta ovviamente dal Bassman, il Rocco invece si unisce a Unabomber e Manager sul furgone. Sosta per le sigarette al Poldo e incontro con Màino (ex tastierista di Pubertas Morbegno ed Eternit), come sempre in gran forma cazzonara, che ci mette di buon umore per il viaggio. Piove che dio (cane, ovviamente!) la manda e, tra cazzate e pettegolezzi vari con la colonna sonora di Peggior Amico, Skoda (il demo fresco d’uscita all’epoca) e H.i.m. (il cui laidissimo e tamarrissimo pezzo “Your sweet 666” sarà ascoltato almeno sei volte fra andata e ritorno!), in breve tempo siamo in zona Arcore, dove comincia l’immancabile dramma: trovare prima Arcore e poi il posto! Dopo aver sbagliato un paio di volte strada (tipo proseguire tranquillamente per svariati km. in direzione Milano, senza vedere la svolta per il paese del Berlusca), entriamo finalmente nel piccolo centro brianzolo immersi in un’atmosfera molto inglese, cioè acqua della madonna su uno scenario squallido a metà fra l’industriale e il piccolo centro di provincia… Trovare l’Arci è questione di pochi minuti, grazie anche al classico benzinaio, che dava però l’idea di non vedere tanto di buon occhio il circolo in questione (ho avuto la visione del suddetto che rientrava verso le pompe di benzina fischiettando “me ne frego”, tanto per citare proprio i Peggiore!). Circolo che si trova proprio nella via centrale di Arcore, poco frequentata e quindi con svariati parcheggi vuoti vicini all’entrata. Io e il Botka andiamo in avanscoperta ed entriamo nel locale: un rapido tour ci fa rendere conto del fatto che tutti i “ritrovi” simili (Arci, Acli, ecc.) sono praticamente identici fra loro! Mi sono passati davanti in rapida successione l’Acli di Morbegno col Ganassa dietro al banco, l’Arci di Lecco coi suoi freakettoni e quello di Forlì che avevo visitato l’inverno prima (vedendoci anche i Last Man Standing live, una buona cover-band!). Gli Unabomber sono già arrivati da un po’ (evidentemente hanno saputo orientarsi meglio!) e stanno adoperandosi per montare la “robba” assieme agli altri due gruppi e fare i suoni. Visto che a noi mancano ancora tre sesti della formazione, decidiamo (noi della Subaru più il Rocco) di muoverci in direzione di una pizzeria, che troviamo dopo aver preso una discreta lavata; consumata una buona cena (personalmente ho inglobato una 4 formaggi dall’effetto gettata di cemento al 300 -termine tecnico comprensibile per lo più a noi edili!- nello stomaco!), ritorniamo all’Arci, ovviamente sempre sotto la pioggia. Intanto sono arrivati gli altri tre Gradinata e facciamo anche noi la prova-suoni, per ultimi, considerato il fatto che fungeremo da opening-band (pare che si fosse sviluppato il solito teatro per cui nessuno voleva suonare per primo, così che i miei soci avevano deciso di tagliare la testa al toro e si erano autonominati openers… dico pare perché durante le contrattazioni io stavo leggendo Tuttosport). Nel soundcheck abbiamo modo di constatare l’incapacità del mixerista, unita alla tipica arroganza di chi non sa fare le cose, ma è convinto del contrario… mezza litigata del suddetto coll’Alex e tutti al bancone del bar ad attendere l’inizio delle danze. Mentre gli Unabomber socializzano coi presenti e con gli altri due complessi, i GN più il Botka e il Rocco se ne stanno lì per i cazzacci loro, alternando partite all’immancabile calcetto a discussioni di vario genere, rigorosamente fra di noi: non so, per quanto mi riguarda socializzare a forza è una cosa che proprio non mi riesce (e mi fa anche un po’ schifo, a dire il vero), ammetto anche di essere un po’ prevenuto e di non avere molta simpatia verso il giro Hc/Punk milanese/brianzolo che è venuto fuori negli ultimi anni, fatto sta che l’unico “esterno” con cui scambio due battute è Raffaele “Burro” dei Gambe di Burro (il gruppo da me finora più stroncato in sede di recensione!), che avevo conosciuto qualche mese prima al Bloom di Mezzago. Chi di noi cerca di uscire un po’ dal guscio (l’Alex), ne rientra piuttosto deluso: stava parlando con uno degli Shotgun Formation, che non appena ha visto che il nostro non gli comprava il Cd (anche perché al tempo non aveva il lettore!), se n’è andato di colpo… e questa è gente che parla di “far crescere l’Hardcore”, che tristezza; come dicevano i Filthy Christians (Grind-Metal-Crusters svedesi di fine anni 80 con un bell’ Lp su Earache all’attivo): “If you’re Hardcore…I’m not!”. Nel frattempo la saletta-concerti inizia a riempirsi e tocca a noi: concerto senza infamia e senza lode, con un Diego poco incline ai “kids della strada” e ai “politici bastardi” rispetto al solito, un Lanzo che romperà i suoi costosissimi occhiali saltandoci sopra dopo che gli erano caduti (salutando poi il lieto evento cantando una strofa di “Tempi nuovi” dei Nabat a suon di “porco dio, madonna troia, dio cane” e giù di lì), un Alex in tenuta Metal anni 80 (aderentissima maglietta Megadeth periodo “Peace sells…”) e un sottoscritto in tenuta da hooligan di Seconda Categoria – Girone I (maglietta Total Chaos Colico). Dopo di noi gli Abbiokko, di cui ho visto i due pezzi finali (non male, Punk/Oi! ascoltabile), prima che la band begasse col mixerista (niente rissa, peccato)! Intro e primo pezzo degli Shotgun sono sufficienti a farmi decretare che non mi piacciono proprio per un cazzo (fanno Hc moderno con la pretesa di essere Italian Old School, vedasi Sottopressione e relativa schiera di imitatori); ok, bravi, precisi, ma no grazie! Infine gli Unabomber, che fanno un buon concerto, ravvivato da danze selvaggie ad opera del Diego e dell’Alex e del loro giro di donne giunte dalla Valle e arrivate durante il nostro concerto (anche se a un certo punto resto allibito quando vedo lo stesso Alex ballare una specie di saltarello abruzzese con un enorme alternative-metaller, vero e proprio incrocio fra Max Cavalera e Pete Steele! –rispettivamente Soulfly/ex Sepultura e Type O Negative/ex Carnivore, per i meno informati!). Finito il carosello, io e i miei compagni di viaggio dell’andata decidiamo di tornare subito in su, seguiti dal furgone-Unabomber. Brevissima sosta al bancone per bere qualcosa (ovviamente pagando; in tutta la sera ho “estorto” solamente una bottiglietta d’acqua “da palco” ad una tipa fricchettona coi rasta che era lì a servire) e rientro in Valle, sempre sotto un’insistente pioggia primaverile, col Botka che, a metà fra l’esasperato e l’esaltato dopo aver sentito me, Renza e Bassman parlare per un’ora di gruppi Nazi-Oi!, durante una sosta a un semaforo traccia un’enorme svastica sul vetro appannato, accompagnandola con la scritta “Rostock brucia” (ispirato da “Barbecue in Rostock” dei No Remorse, pezzo celebrativo dell’incendio doloso appiccato ad un ostello pieno di turchi da parte dei nazi del posto…): da non crederci! Finalone al Paso (curioso caso di omonimia di un ristorante messicano valtellinese col noto “nè centro, nè sociale… nè squat” di Torino!) con Unabomber al completo, Rocco e Manager, e rientro a casa forti delle 5.000 L. a testa di rimborso spese ricevute (30 carte totali!), oddio forti più che altro del pensiero di quei soldi, visto che non sappiamo se qualcuno li ha presi o no!…. Stanotte più che mai rimpiango il mancato acquisto della maglietta “IntegrArci mai!” a inizio anni novanta! “Però ci hai suonato!” dirà qualcuno: giusto, ma io sono anche un po’ coglione, questo si sa…
Shelter a Milano, 10 giugno 00
(Claudio) Ore 19.25 di questo sabato d’inizio estate (più o meno): in un Bar Bersaglio quasi deserto io, il Renza e lo Spifty (uno dei due cantanti degli Unabomber) attendiamo che il Rocco finisca il suo turno dietro il bancone per partire alla volta di Milano a vederci i krishna-corers per eccellenza (anche se principalmente si va a ritirare il finalmente uscito Cd degli Atrox e ancor più principalmente si cerca di sfuggire alla “noia di questo quartiere”, per citare i Nabat). Fuori impazza un temporalone più che estivo, ma non durerà per molto. Arriva una delle sorelle del Rocco a rilevare il fratello al banco e finalmente possiamo partire; la macchina per la trasferta è la mia Punto quasi nuova fiammante (lo era l’ottobre scorso!), acquistata in comproprietà con mia mamma (prima macchina nuova della mia vita…e spero ultima almeno per i prossimi dodici anni!) e accessoriata da me con tarradesivi di Raw Power e Nabat. Il viaggio d’andata, tolta una breve sosta per un pezzo di pizza all’Iperal di Piantedo, si svolge piuttosto tranquillamente: tiene banco una gara fra Rocco e Renza per aggiudicarsi una cassetta messa in palio da me (la mia c90 da camion, che dopo un annetto mi aveva amabilmente rotto i coglioni, denominata “Hardcore Truck of the year 1999”), cercando di indovinare di chi sono i pezzi che passano via via nell’autoradio. Se la aggiudicherà il Rocco, staccando decisamente il socio. Quando “Addis Abeba” degli allora grandi Disciplinatha (ultima canzone della k7) volge al termine, siamo davanti al Deposito Bulk: coincidenza che ha dell’incredibile, come incredibile è il fatto di essere riusciti a non perdersi per Milano! Troviamo parcheggio nel quartiere cinese e dopo un cinque minuti a piedi facciamo il nostro ingresso (per settemila lire) nel capannone meneghino: non brutto, piuttosto pulito, abbastanza spazioso, anche se non ho idea della gente che lo manda avanti e che ci gravita attorno (sono un po’ fuori dal giro ultimamente, se mai ci sono stato dentro). In attesa di Concobeach degli Atrox (che porterà le nostre copie del loro Cd, uscito ancora su Fiera del Bestiame, ma effettivamente finanziato con la cassa della Fiera dell’Odio), ci intratteniamo con la “mostra” di manifestini del periodo d’oro del vecchio Leonca e del Virus: roba da infarto che scatena i nostri istinti feticisti! Finalmente Conco arriva e, dopo aver rischiato di sfracellarsi contro una transenna, ci raggiunge per il solito scambio di convenevoli e cazzate che, quando lui sparisce (ufficialmente per il sound-check dei De Crew, uno degli innumerevoli gruppi a cui il nostro presta le sue bacchette, non ufficialmente è stato avvistato in dolce compagnia! Si scherza, eh Vale!), noi continuiamo per i cazzi nostri svaccati attorno ad un tavolo di una delle salette laterali, controllando chi passa in puro stile “vecchi fuori dal bar”! Degna di nota la maglietta di un tipo (che scoprirò poi essere il Timpani della fanza “Hopes of harmony”) con davanti Vegan scritto come il logo dei Venom e dietro At war with Seitan, parafrasando At war with Satan degli inventori del Black Metal: grandiosa! A un certo punto, purtroppo in mia assenza (ero al cesso), passa Raimondo Cappo che, probabilmente credendo che i miei tre soci volessero attaccare discorso, si ferma per alcuni imbarazzati attimi davanti al nostro salotto per poi andarsene, visto che nessuno ne aveva l’intenzione (il Rocco dirà poi di aver trattenuto un “Make a change” condito da dito puntato all’indirizzo dello yankee). Ma l’ex Youth of Today non è niente in confronto al personaggio che pochi minuti dopo fa la sua apparizione: Marione da Sondrio (con gentile quasi-consorte al fianco), che sfoggia un provocante pizzetto unito ad una forma smagliante, per cui io e il Renza coveniamo sul fatto che il nostro conterraneo è diventato “proprio un bell’uomo!”. Intanto cominciano i Minnie’s Rape che non ci inculiamo per niente, visto che eravamo belli comodi lì dove eravamo! Decidiamo di schiodarci coi De Crew, giusto perché ci suona Conco (abbigliato con una delle 5 maglie nere esistenti degli Atrox, vero pezzo da collezione nonché d’antiquariato!); in formazione a cinque, i brianzoli alternano Hc melodico a pezzi più furiosi e veloci, inserendo anche qualcosina un po’ più lenta e ritmata (alla Snapcase, mi suggeriscono i miei compagni di viaggio). Non mi piacciono molto, ma ci sanno fare. Nell’attesa (piuttosto lunga) degli Shelter trovo il tempo di fare una discreta figura di merda confondendo quelli dell’etichetta Point Break con quelli del gruppo omonimo (con cui ero in contatto), riuscendo anche a parlarci per qualche assurdo minuto! Poi incontro il Fornaca (Decadence Dance distro, Yops! ‘zine), come sempre circondato da esemplari del gentil sesso che me lo sottraggono a più riprese! Infine cominciano gli Shelter, in cinque pure loro, con tanto di Giovanni Porcello (che sarebbe John Porcell, ex Y.o.T. pure lui) alla prima chitarra. L’ex _______ (metteteci un gruppo di New York a caso perché Porcell sembra abbia suonato con chiunque là nella Grande Mela! Citerei Gorilla Biscuits, Judge, Project X, Bold, etc.) si presenta ultra-palestrato, niente a che vedere col pistorello del mio video degli Youth of Today (Firenze ‘89). Tarrissimo l’altro chitarrista, in canotta bianca, più sobri bassista e batterista. Ray Cappo ha messo su un filo di grasso dai tempi della Gioventù di Oggi, ma è un frontman da far paura! Ammetto che a tutt’oggi mi mangio i coglioni per essermi perso gli Youth of Today a Milano undici anni fa, però gli Shelter non mi hanno mai fatto impazzire (hanno sì canzoni bellissime, ma anche una discreta dose di pezzi del cazzo!)…eppure stasera mi prendono dal primo minuto e non mi mollano più fino alla fine dei bis (concerto peraltro lunghetto). A metà scaletta mi assale una strana sensazione riguardo alla giornata che sto vivendo, rapportata ad una decina di anni prima: ai tempi, come appena detto, avrei voluto vedere gli Y.o.T. dal vivo e oggi vedo gli Shelter (con due ex in formazione), l’appena uscito “Fiori neri” degli Atrox era ospite fisso del mio piatto (e girava anche tre volte di seguito!) e adesso ho coprodotto il Cd con la riedizione di quell’Lp, infine allora mi piaceva da morire una tipa (che naturalmente non mi cagava mica tanto) e nel pomeriggio la stessa mi ha chiesto il numero di telefono… anche se devo ammettere che i tempi cambiano e di averglielo dato con lo stesso entusiasmo con cui detto il codice fiscale, e difatti non mi ha più chiamato …che non je farò a ‘ste donne??? Ma torniamo al concerto e alla band del Cappone e del Porcello: per citare “Arrighe” Sacchi, “straordineeri!”…hanno anche una discreta “umiltè” che me li fa risultare simpatici, unita al fatto di aver abbandonato Mantra e cazzate religiose in favore di un approccio più “hardcore”, anche se sul loro banchetto facevano bella mostra di sè accessori e “tananai” krishna, nonché il libro-dialogo fra Ray Cappo e un Santone (ho immaginato di stampare un libro-dialogo fra Fabio Bonelli e l’Arciprete di Morbegno, ma mi sa che non avrebbe un gran mercato!)…quell’uomo è una cosa incredibile! Tra l’altro abbiamo identificato una tipa che vendeva il merchandising come la moglie del Cappo (quella che dovrebbe suonare o cantare nelle Baby Gopal) e ci siamo rifiutiati di credere che un colpetto ogni tanto non lo diano (il Raimondo anni fa, ai tempi della sua conversione Hare Krishna, blaterava di astensione dal sesso…va bè che per lunghi periodi me ne astengo anch’io, ma almeno non volontariamente!); tra l’altro a inizio serata il nostro era nella libreria del Bulk in apparente “resegamento” di una tipa…non vorrei che, citando ancora una volta il grande Pozzetto, sia davvero “americano e ciula che dio la manda”! Gli Shelter finiscono che è bello tardi, ma noi dobbiamo ancora trovare Conco per farci dare i Cd’s: lo becchiamo dopo lunghe ricerche e va a finire che ci intratteniamo con lui per una buona mezzora… finalmente, alle 3 del mattino passate, riattraversiamo Chinatown e ci imbarchiamo per il rientro, “allietati” dalle note della compilation “Oi! against Silvio” con, tra le altre, perle tipo “brutti ladri vi rompiamo il culo” dei Reazione o “per i ragazzi della strada la politica non c’è, vivi giorno dopo giorno, la politica sei te” dei Pulmanx (in inedita versione Oi!)! Dal giorno dopo comincerà una settimana di saluti, e-mail e telefonate (fra di noi), condite di ripetute citazioni Hare Krishna! Ogni commento sarebbe superfluo…
PS: certo che il sosia di Ray Cappo che io, Renza e Rocco abbiamo beccato in un bar sulla spiaggia di Domaso, un mesetto dopo, meritava eccome! Stesso abbigliamento, stesso taglio di capelli, suppergiù stessa età e pareva anche straight (sorseggiava Lemonsoda)! Purtroppo un’uscita in italiano non propriamente felice ha rotto l’incantesimo…
Casello Occupato di Savio (Ra), 16/17 Settembre 00
(di Rocco D.N.) E’ metà Settembre e, come dicevano i Righeira, l’estate sta finendo. Per dare un degno addio alla pazza estate 2000 e per chiudere in bellezza i tre spassosissimi mesi estivi, la Morbegno HC Brotherhood and zero Sisterhood organizza una trasferta romagnola in quel di Savio, dove il sabato sera suoneranno i nostrani Unabomber in un festival contro gli obblighi di monetizzazione. E’ il grande giorno e così al poco romantico orario delle 6.30 si presenta a prelevarmi a casa mia un pullmino bianco con dei brutti ceffi a bordo, che prima di partire mi scroccano la colazione svaligiandomi il bar da brioches e succhi. I brutti ceffi, per la precisione, sono: i cinque Unabomber orfani di uno dei due chitarristi, Filippo il Manager ribattezzato poi da me Merdager, Lorenzo meglio conosciuto come Lord DefloRenza (ma anche come Il Terone, nonostante le origini centopercento valtellinesi), a cui si aggiunge naturalmente il sottoscritto in tenuta da Hc warrior true till death: ciabatte modello italiano medio mentre guarda Novantesimo Minuto spaparanzato in poltrona, cappellino dell’oratorio S. Luigi di Morbegno e oscena maglietta dei Patareni fatta da me, più i soliti dischi della distro che nessuno ci caga. Innanzitutto beccatevi questo gossip: il Ducato 9 posti che sfreccia sulle strade della Bassa Valtellina è di proprietà dell’oratorio. Terribile! Non so come abbiano fatto a farselo prestare gli Unabomber, ma gira voce che alcuni di loro vadano a braccetto con i forti poteri ecclesiastici morbegnesi… Ma noi siamo giovani, belli e Panc e fin dai primi minuti di viaggio facciamo di tutto per diffondere sul pulmino il germe del Male a suon di scoregge e cristoni e insultando i giovincelli che si apprestano ad andare a scuola. Le sei ore di viaggio scorrono in scioltezza tra cazzate immani e sfide calcistiche nei parchetti degli autogrill. Dopo una mezzoretta di disperata ricerca e di strade sbagliate, una pia anima ci porta direttamente a degna destinazione: il CSO il Casello. Il posto è bello imboscato in campagna, rimane attaccato ad un depuratore (e il mio nasone ringrazierà…) e praticamente è un ex casello ferroviario con un giardino nel quale c’è un piccolo palco, qualche roulotte e un po’ di tende. Il tempo di metterci d’accordo con gli organizzatori e poi subito al mare. Wow il mare! Saranno almeno tre anni che non faccio il bagno al mare e il mio entusiasmo è pari a quello di un quattordicenne brufoloso che guarda un film di Traci Lords mentre i genitori sono fuori casa. Al bagnetto segue poi la sfida calcistica, con uno strepitoso Rocco D.N. nei panni del portiere-goleador (sono un po’ il Michelangelo Rampulla valtellinese – o il Massimo Taibi, tanto per restare al passo coi tempi! – n.d.C.)! Nel tardo pomeriggio facciamo ritorno al casello, dove a darci il benvenuto troviamo il comitato d’accoglienza guidato da un punkmoltoabbestia, con moschettone all’orecchio e tuta fosforescente stile operaio Anas con scritta “sex and violence” in bella mostra. Si avvicina a noi e gentilmente ci chiede: ”ah raga, non è che c’avete mica due spiccioli che devo prendere la pasta?”; “mi raccomando”, rispondo io che sono politicamente corretto “non pasta Barilla altrimenti sarai anche tu complice del traffico d’armi verso i paesi del terzo mondo effettuato da questa multinazionale della morte!” …qualcosa mi dice che la mia risposta è però un po’ fuori luogo! Intanto con IgnoRenza il Terone mi apposto dietro il banchetto della Fiera dell’Odio: nell’arco della serata concluderemo affari strepitosi sbarazzandoci di svariati reperti archeologici che pure mia madre era stufa di vedere. Ed ecco arrivare le prime facce amiche: da Forlì con furore la potentissima Somala Crew al gran completo; insieme ai forlivesi ecco, con altrettanto furore, il Rox dalla Motorcity torinese, che scopro essere pure lui gran cultore dell’illustrissima arte del freno a mano. E la serata continua così, tra vecchi amici ritrovati e nuovi volti scoperti in un ambiente davvero familiare anche se non troppo affollato, anzi… Alle due smontiamo baracca e burattini e ci avviamo verso il campo base, cioè la spiaggia. Alcuni hanno ancora la forza di montare la tenda (montare la tenda in spiaggia? Ma dai, è assurdo…ma non lo avete mai letto il Manuale delle Giovani Marmotte?), mentre io e IncoeRenza il Terone, che siamo uomini duri, ci appisoliamo nei nostri sacchi a pelo sotto il cielo stellato. Sveglia di buon’ora: si parte subito con bagno-sfida calcistica-bagno, giusto per il piacere di perdere qualche anno di vita, sotto gli occhi esterrefatti di alcuni turisti presenti che vedono ViuuRenza il Terone e Paolo (cantante numero due degli Unabomber) costretti da una scommessa persa a correre nudi per la spiaggia…il buongiorno si vede dal mattino! Ma la patria natìa chiama e purtroppo il ritorno a casa è inevitabile, porcacicca. Prima però bisogna passare al Casello per l’ultimo saluto ai forlivesi, ma si sa che la gente di montagna brilla in particolar modo per la furbizia e così ci presentiamo all’appuntamento con un paio d’ore di anticipo. Quindi tutti a bordo del divin-pulmino e partenza… dopo qualche centinaio di metri, lungo una strada sterrata immersa nella campagna, ecco la perla della giornata: un vecchio panzone sulla cinquantina, con tanto di canottierina celeste con immense patacche d’unto sul davanti, è intento ad appartarsi tra gli alberi con una biondissima signora in maglia leopardata, sprizzante anch’ella eleganza da tutti i porri (sì, non dai pori): scene come queste ti riconciliano con la vita! Durante il viaggio di ritorno si toccano poi altissimi livelli di demenza. In più la protezione celeste darà degli insperati frutti: proprio oggi, domenica 17 Settembre, è stato indetto uno sciopero dei casellanti (si chiamano così?) e l’attraversamento del casello di Melegnano senza sganciare il salasso autostradale viene accolto con grandi festeggiamenti! Si canta all together “Tempi nuovi” dei Nabat e io avevo pure la bandana…beata ignoranza. Alle ore 19.18 ci lasciamo alle spalle la confinante provincia di Lecco, facendo il vittorioso ingresso tra le montagne valtellinesi. L’arrivo al Bar Bersaglio è come sempre tragico, soprattutto perché mi attende il turno serale di chiusura. A mezzanotte e trenta sto pulendo il pavimento con il fido Mocio Vileda compagno di mille avventure, mentre in lontananza si sentono le urla scomposte degli ultimi vecchi ubriachi. E’ un mondo difficile… Ah, dimenticavo: il concerto. Che dire…sicuramente i gruppi e il significato della serata sono passati in secondo piano rispetto a tutto il resto, ai bagni al mare, alle tragicomiche sfide calcistiche, ai vecchi e nuovi amici incontrati, ecc… E poi cose più belle di andare all’avventura su un furgone con un gruppo di amici fidati non ce ne sono molte. Comunque sia, i gruppi che hanno destato in me particolare interesse sono stati soprattutto i No Somos Nada (con ex By All Means, ex Egotismo, ex-traterrestri… –cabaret, signori! L’Alex del duemila… – n.d.Claudio), autori di un Hc grindeggiante da paura con un batterista che pare un elicottero, gli ultra-critici Grobbelaar, che in due fanno casino per dieci, e gli Unabomber che ci hanno anche deliziato con una “Potere nelle strade” di Nabatiana/Comradesiana memoria. Una menzione speciale va ad un gruppo di cui non ricordo il nome, un cui membro, in un impeto di anarchismo rivoluzionario anti-istituzionale, ha bruciato una bandiera di non ricordo bene cosa (forse il tricolore?): peccato che insieme alla bandiera hanno preso fuoco pure i jeans di quel tale, che deve solo ringraziare la tempestività dei soccorsi che hanno così evitato la sacra immolazione! Un personaggio di questa band si è poi macchiato dell’orrendo crimine di chiedermi “200 L. per tornare a casa”; il Morone, valido guerriero Somalo, lo metterà subito a tacere chiedendogli con fare minaccioso: ” ma perché, tu torni a casa con 200 L. ?!”. E poi come non ricordarsi di un simpatico gruppo polacco dalla “Polacchia” e del suo tipico Hc/Crust Est-Europeo, zozzo e veloce: uno dei componenti, particolarmente brutto ed ignorante, si distingueva per il fatto di avere all’incirca una quarantina d’anni e ancora se ne stava a suonare con un gruppo fetente in un posto ancora più fetente. Riuscirò io a rimanere brutto ed ignorante per così tanto tempo? Ai prostati l’ardua semenza (basta! Fatevi una fanza tu e l’Alex! – n.d.C.).
Benefit in Cinisello Balsamo (Mi), 17 dicembre 00
(Claudio) Questo festival-benefit pomeridiano doveva essere la prima grande trasferta del soviet supremo al gran completo de La Fiera dell’Odio con banchetto al seguito (non è vero perché giusto un anno prima avevamo fatto il nostro esordio al Bloom di Mezzago, ma me ne sono ricordato solo quando stavo rileggendo la fanza per la stampa finale!), dopo che il sottoscritto aveva marcato visita alla 3 giorni di Cervia e al Grind over Europe di Cremona (posti in cui il Rocco e il Larenza avevano appunto presenziato con la distro), e invece alle undici del mattino il Rocco tira il pacco (è costretto a un turno supplementare al bar)… Avvisato da Renza per telefono, io comincio a santificare la domenica, giorno di nostro signore, con una serie di bestemmie coinvolgenti le divinità più note delle varie religioni, unendovi alcuni pesanti commenti sui costumi sessuali del Rocco e di tutto il suo albero genealogico, visto soprattutto che la macchina della trasferta doveva essere la sua (già caricata coi cartoni della distribuzione la sera prima). Così tocca naturalmente a me e alla Punto prendersi l’onere di raggiungere Morbegno per caricare distro e Renza e riportare i commenti di cui sopra direttamente all’interessato (questo mentre il Teo, cane del Rocco, mi piscia sul paraurti…). Partiamo, è una gran bella giornata dicembrina con un gradito sole invernale che rende il clima più che sopportabile; l’autoradio resta spenta, sia perché a mezzogiorno e mezzo della domenica nessuno dei due è in condizione di sentire musica, sia soprattutto perchè la colonna sonora del viaggio sono le bestemmie dirette al Rocco! Il traffico, visto l’orario, è pressochè inesistente e in meno di un’ ora siamo già a Cinisello, anche se, ovviamente, prima di trovare il posto giriamo a vuoto per almeno venti minuti nella cittadina dell’hinterland milanese, col Renza che sfoggia una bandana alla Mike Muir che mi fa minacciare l’immediato dietro-front verso casa se non viene fatta sparire immediatamente! Io intanto mi accorgo di essere vestito da nazi, con bomber olivastro, felpa Lonsdale, jeans neri, anfibi e capello molto corto… Troviamo parcheggio a qualche minuto dal centro comunale dove si svolgerà il concerto (salvo poi scoprire a fine giornata che c’era un mega-parcheggio proprio davanti al posto), incontriamo un ragazzo (anche lui alla ricerca del concerto) che si era perso e assieme riusciamo ad individuare l’ingresso della struttura. Del benefit in sè e dell’organizzazione non ho molto da dire (era una raccolta di fondi per supportare un centro d’accoglienza cileno per donne e bambini vittime di violenze domestiche di vario genere), sia per scarso interesse personale (che ammetto candidamente), sia perché ne ho solo parlato per un paio di minuti con l’Arash di Imola (uno dei due organizzatori) e non mi sento di dare pareri su qualcosa di cui so e conosco proprio pochino. Chiusa la parentesi, io e il mio socio entriamo nel locale dove si sarebbe suonato e incontriamo i forlivesi: Enrico “Odino” abbigliato da vampiro della bassa padana (con tanto di palandrana nera e felpa dei Borknagar!), il Momello con birra in mano (l’unico in un ambiente popolato quasi totalmente da straight edgers o presunti tali!), il Matteo (vero folletto della Romagna!) e il Morone (che dall’ultima volta che l’avevo visto s’è fatto crescere una discretamente folta barba), che sarebbero poi i quattro R.o.i.d., accompagnati dal cesenate Paso (conoscenza di NS di vecchia data) di For the Kids Records/Zine (e sempre più tamarro, eh eh!), dal succitato Arash (iraniano trapiantato in Padania) e dalla morosa del Morone, la Sara (che se non fosse che non voglio passare per coglione avrei definito come “la ragazza della scena -fra quelle che ho visto io- con gli occhi più belli”, ma dato che la figura del bigolo non voglio farla, non lo dico!…mmhhh, che bello fare queste uscite dopo aver appreso -dal Pecora, ovviamente- di un Morone cronicamente geloso come un carrettiere siciliano del Seicento, di origine araba e allevato in un collegio di Enna da monaci sardi!). Dopo le consuete virili strette di mano e i classici abbracci più o meno omosessuali, ci facciamo aiutare dalla “crew” romagnola a scaricare la Punto e a portare dentro la “Fiera dell’Odio – set Cinisello on fire, tour 2000”: a fine giornata conteremo un introito di “ben” 27.000 L., di cui 2.000 verranno investite in due fette di torta al cioccolato dal vicino banchetto di dolcetti krishna e non! Dirà bene la madre del Rocco al nostro rientro, “non avevate i dischi giusti” (fra l’altro vendiamo inspiegabilmente delle schifezze giacenti in catalogo da secoli). Il concerto è stato un po’ la fiera della canotta, del polpaccio tatuato in bella mostra e dell’abito-hardcore più “in”, insomma la mia passione… L’acustica era pessima, diciamo che praticamente non si capiva un beato cazzo, ma era un benefit e non è neanche giusto lamentarsene troppo. Siamo stati lì fino alle 19 passate e abbiamo visto un bel po’ di gruppi (non tutti, comunque), fra cui citerei i bolzanini No Choice (m’han detto con due ex Last Man Standing) che facevano un buon incrocio fra Hc “vecchiassscuola” (in italiano) e Metal alla anni ’80, con tanto di assoli in tapping e tempi Mosh (non a caso il batterista sfoggiava una t-shirt d’epoca dei Nuclear Assault), i nostri soci R.o.i.d., ormai convertiti musicalmente al Black Metal norvegese (non sto scherzando), e gli svizzero-milanesi Reference 21, che segnalo, anche se mi facevano cagare (Hc New School), perché rispetto alle altre bands erano ultra-professionali e con una strumentazione da vincita al super-enalotto! Il resto mi è sembrato il solito Milano-Core, musicalmente e attitudinalmente. Intorno alle sette di sera ci muoviamo per il ritorno assieme ai romagnoli, stiamo lì nel parcheggio a cazzeggiare con loro ancora per una mezzora buona (con tanto di foto ultra-tarre stile “unity-brotherhood & sisterhood-we’re the crew-hardcore pride-keep the faith”, che spero qui in paese nessuno vedrà mai!), finchè decidiamo di levare le tende e tornare in Valle. Apprendo dello squallido 0-0 dell’Inter in casa col Brescia (come se non avessi già bestemmiato abbastanza quel giorno…) e il ritorno è un festival di ipotetiche (molto ipotetiche!) sconcerie feticiste con protagoniste alcune bellezze nostrane. Verso le nove siamo al Bers (il bar del Rocco): resoconto della giornata al nostro socio, scarico della merce e frugale cena a base di patatine Rodeo (grandiose!). Alle dieci infine saluto tutti e vado a casa a guardarmi i servizi di Controcampo…
Valtellina Hardcore & Oi! show in Talamona (So), 3 febbraio 01
(Claudio) Dopo secoli il sottoscritto torna a metter mano nell’organizzazione di un concerto locale (l’ultima volta era stata quella degli Atrox nell’ormai lontano dicembre ’95, guarda caso sempre a Talamona e sempre nel medesimo posto): niente di particolarmente impegnativo comunque, ho solo fatto un po’ da tramite fra gli organizzatori “veri” e i gruppi. I gruppi appunto, direttamente da Forlì, Romagna: R.o.i.d. e Rebelde (che condividono un paio di elementi), gente con cui negli ultimi due anni si è stretto un buon rapporto (con tanto di visite extra-musicali dei forlivesi in Valtellina e viceversa), ottimo presupposto per organizzargli un concerto quassù. Attivato lo Spifty (cantante numero uno degli Unabomber) per fissare la data (visti i suoi buoni uffici al Music People, storica discoteca locale ora divenuta una sorta di disco-pub a nome La Cantina, o qualcosa di simile, non ricordo e poi tutti lo chiamano ancora Music) e risolto il problema-service grazie al Bassman (bassista Gradinata Nord) e ai suoi fidi aiutanti (il fratello Botka, Lollo e Buzzo), che si accordano coi tipi del Music per un compenso piuttosto irrisorio (pur avendo poi lavorato bene e, visti i mezzi a loro disposizione, molto meglio di certi servicemen che per una serata chiedono il triplo di Bassman & soci), io, il Rocco e il Lorenzo ci adoperiamo per pubblicizzare la serata via internet e via volantinaggio “a la moda vegia” (ricorderò per sempre il terribile manifesto by Renza “la piadina sfida il pizzocchero, se le suoneranno…seguono i nomi delle bands”) e in men che non si dica è già il 3 febbraio. Saltati gli Unabomber (causa assenza del Macho Frocho, il batterista), il concerto verrà aperto dai giovanissimi morbegnesi Sottomissione Zero, poi toccherà ai R.o.i.d., a noi Gradinata Nord e infine ai Rebelde. Il pomeriggio del sabato comincia alle tre con le operazioni di montaggio del service e ad aiutare il Bassman e il Lollo si presentano il sottoscritto e il Rocco: io esordisco con: “Ed ora monterò questa batteria nel tempo-record di tre minuti netti, poi telefonerò col cellulare del Bassman a mia nonna e le detterò il mio codice fiscale, e infine canterò ‘Oh happy day’!”, in pieno stile Il Tigre da Mai Dire Gol. Tutto fila via tranquillo e verso le cinque ritorniamo in Morbegno Downtown a recuperare Renza e Lanzo e ci dirigiamo subito in stazione a ricevere degnamente l’ospite d’onore della serata: direttamente dalla Petosino Crew sez. Almè, il bergamasco Karletto (come il nostro si firma sulle varie messageboards), socio di e-mail (ormai la penna è sorpassata!) del Rocco a cui verranno consegnate le chiavi del cesso del Bar Bersaglio per l’ammirevole trasferta in solitaria a vedersi un concerto del cazzo come questo! Nell’attesa del treno siamo anche costretti a sopportare le smancerie che una nostra amica (di cui tacerò il nome) si scambia col moroso di turno…ma il Ragnarok è sempre più vicino! Intanto il Milano-Sondrio arriva, l’atalantino scende dal vagone e allora anche noi cerchiamo di non stare indietro in quanto a smancerie (si fa quel che si può…). Segue un’oretta di tour locale (con protagonisti io, Renza e Carletto), visto che bisognava portare ai service-men alcuni accessori di vitale importanza (tipo del nastro adesivo da carrozziere), tour di cui io e il Re Terone approfittiamo per introdurre il bergamasco agli usi & costumi della Valle. Ritorniamo al Bers e nel frattempo sono finalmente arrivati i forlivesi: in pochi attimi sono sommerso da pacche, abbracci e virili toccate di coglioni; ci sono pressochè tutti, dai suonatori ovviamente (il Morone, Enrico, Cebio, il Matteo, il Momello e lo Skin, l’unico dei Rebelde che non avevo mai conosciuto prima di quella sera: si rivelerà un gran simpaticone anche lui, nonostante le mie continue provocazioni a base di slogans e saluti nazi-fascisti!) ai loro soci (Michelangelo, Arash, er Pecora e la Debora, morosa dell’Enrico). Il bar è piuttosto pienotto e quando vedo un personaggio dotato di enorme elmo vichingo con corna gigantesche, in un primo momento (complice il buio) penso si tratti di uno degli avventori del Bers (capaci di questo e molto di più!), solo dopo un po’ realizzo che si tratta del famoso Pecora di “Poca Scena” ‘zine (una delle fanze della NWOIHF -New Wave Of Italian Hardcore Fanzines!- da me più apprezzate) ed è con malcelata emozione che mi faccio introdurre a lui dal Morone per le presentazioni di rito! Ma il tempo stringe e allora, radunati tutti i presenti, si dà il via alla carovana alla volta del Music! Arriviamo e troviamo gli altri due Gradinata (l’Alex e il Papo) già nel locale (l’Alex intento a jammare con alcuni Sottomissione Zero), ma io me ne curo poco perché nel giro di pochi secondi sono già attaccato al calcetto, dove la coppia sottoscritto-Lanzo prima vince il derby (andata e ritorno) con due Sottomissione e poi batte nella doppia sfida di Coppa Italia (??) la mista forli-valtellinese Michelangelo-Alex (nel frattempo sceso dal palco). Intanto la fame comincia a far sentire i propri morsi e si opta per una veloce pizza da asporto: la missione viene assegnata al trio Rocco-Lanzo-Michelangelo che torneranno con le venti e passa pizze ben due ore dopo, quando ormai li davamo per “missing in action” (una curiosità, un pornazzo di quelli schifosi intitolato “pissing in action” l’avranno già pensato, no?! In caso contrario vendo l’idea alla casa di produzione che mi farà l’offerta migliore). Nel frattempo si fanno i suoni: noi Gradinata in versione strumentale perché il Papo (il Mike Judge locale, nostro nuovo cantante da cinque mesi ormai e questa sera all’esordio live con noi) è andato a casa a mangiare, gli altri tutti al gran completo e io scopro che i Rebelde mi piacciono più dal vivo che sul Cd. Comincia ad affluire la gente, non quanta me ne sarei aspettato, ma neppure poca: ci sono le solite facce che vedi a tutti i concerti (e che ormai non conosco neppure, mentre sette/otto anni fa ci si conosceva tutti, ma the times they are a changin’, come diceva quel freakkettone yankee di Bob Dylan!), i soliti colleghi di lavoro e/o di bevuta di questo o di quell’altro componente di noi G.Nord, i compagni di scuola dei S.Zero e i gabbers del Music che non c’entrano un cazzo, ma sono lì tutte le sere! Mancano però un sacco di persone sulla cui presenza avrei scommesso qualsiasi cosa, ne ho contate almeno quaranta e non sono poche… vabbè, l’importante è che poi non senta qualcuno di questi quaranta lamentarsi della mancanza di concerti in Valle (non voglio fare nessuna polemica, sia chiaro, anche se da quello che ho scritto può sembrare così: sono solo constatazioni). Fa niente, the show must go on, from Morbegno City i Sottomissione Zero col loro Hardcore in italiano dalle alte velocità in stile nuova ondata peninsulare; a me non piacciono, quindi non li seguo più di tanto. A portarmi in prima fila ci pensano i R.o.i.d., che a me garbano abbastanza (specie sullo split-10”, ma anche il 7” ha un paio di pezzi davvero belli): un bel set di Ultracore misto alla loro più recente vena Black Metal, con un Morone in gran forma anche se esageratamente emodemmerda con le sue contorsioni a pavimento! Enrico si conferma “riffeur” di primo piano e il Momello ci dà dentro col doppio pedale che è un piacere. E’ il momento dell’ignoranza Oi!, faccio la rima e dico che tocca appunto a noi…dopo il solito intro “bastardo-minchione-figlio di puttana” mutuato dalla curva del Lecco, i Gradinata Nord fanno il loro concerto con un Papo che non delude le attese; c’è anche qualche momento di pogo e singalong, ovviamente con le covers di Nabat ed Erode (“Frana la curva”, quale se no?!), mica coi nostri pezzi! Il gran finale è appannaggio dei Rebelde, che putroppo suonano di fronte a poche persone, anche se io, l’Alex, il Renza, il Rocco e soci ci prodighiamo un po’ con cori e balli demenziali; lo Skin, in mimetica e torso nudo, ci passa spesso il microfono e io, che sono un furbo, imparo già al secondo pezzo a memorizzare il primo ritornello per poi cantarlo quando si ripete poco dopo, facendo così la figura di quello che ha consumato il Cd dei Rebelde con ripetuti ascolti, he he! Esemplare lo scambio di battute fra me e Renza a metà concerto: io “ma che pezzo è questo?”, lui “boh, io di quel Cd ho sempre ascoltato solo i Veleno Sociale!”…poveri Rebelde! Il concerto quindi finisce, è tempo di fare ancora quattro chiacchiere con amici e amiche rimasti e poi tocca smontare la roba; c’è qualche casino al momento del rimborso, con quelli del Music che non si smentiscono mai e cercano di dare meno del pattuito ai forlivesi, ma poi il Bassman va a parlamentare e rimette le cose a posto. Carichiamo tutto sulle varie macchine e noi locali decidiamo di concludere la serata mangiando qualcosa al Paso, il ristorante messicano di Talamona, molto gradito al Momello e al Cebio (che c’erano già stati qualche mese prima) per via del cameriere gay (il Momello infatti si equipaggia per l’occasione col suo terribile pellicciotto alla Village People!); la mega-tavolata, cioè gli undici “foresti” (cazzo, praticamente una squadra di calcio e non abbiamo neppure pensato di fare una partitella?!) più i quattro locali che ospiteranno nelle proprie case il contingente romagnol-bergamasco (io, Rocco, Renza e Lanzo), si sbafa un discreto quantitativo di pizze, piatti messicani e dolci, col solito formarsi di gruppi di conversazione dediti a svariati argomenti: io finisco nel Forum del Cinema Porno, ovviamente col Pecora, il Lanzo e Michelangelo, poi con l’entrata di Carletto ci si sposta un po’ sul calcio. Quando vediamo che il Cebio e lo Skin praticamente sono crollati dal sonno a faccia in giù sul piatto bisunto, riteniamo sia giunto il momento di levare le tende. Io mi carico in macchina Michelangelo e il Pecora, col primo che viene obbligato (vista la corporatura minuta) a piazzarsi dietro in pose da contorsionista con tutta la batteria, saluto tutti e dirigo verso casa; alle quattro circa facciamo il nostro ingresso nella dimora del sottoscritto, mia nonna (avvisata telefonicamente solo poche ore prima) ha già approntato alla bisogna l’unico divano di casa e i miei due ospiti si dividono i “posti”: il Pecora prende l’ambìto divano, mentre Michelangelo (l’unico dei due dotato di sacco a pelo) si sistema sul tappeto. Io auguro la buonanotte, mi fiondo sul letto e sprofondo in un vortice nero di sonno senza sogni, venendo destato verso le otto del mattino da qualche imbecille che pensa bene di partire in sgommata proprio sotto la mia finestra! Cazzeggio un po’ fino alle nove, quando ritengo sia giunto il momento di svegliare i due dormienti, che in realtà non sono già più tali e, anzi, il Pecora è addirittura reduce da un incontro ravvicinato con mia nonna al cesso (ed era la prima volta che i due si vedevano, se il Pecorari fosse entrato con l’elmo vichingo forse a quest’ora avrei una nonna in meno!). Si fa colazione, ma né io né il Pecora decidiamo di rifocillare più di tanto i nostri fisici statuari, causa dolciastri del Paso ancora sullo stomaco, ed è il solo Michelangelo che fa la felicità di mia nonna divorandosi tutto quello che lei gli propone! Ad un certo punto il Pecora viene colto da dolori al basso ventre ed è così costretto a chiudersi in bagno (io gli propongo la lettura di alcuni scritti del Botka per stimolare l’espulsione!), riemergerà quasi mezzora dopo con un’espressione decisamente più sollevata! Ci trasferiamo in camera mia e, col sottofondo di Peggior Amico e Skrewdriver (che Michelangelo mi chiede con un’espressione morbosa di mettere su!), ci raccontiamo i vari pettegolezzi delle varie scene (locali, nazionale ed internazionali), dove ovviamente il Pecora fa la parte del leone (che ruggisce ancora, tanto per citare uno dei gruppi che stavamo ascoltando in quel frangente!). A mezzogiorno abbiamo appuntamento al bar del Rocco con tutti gli altri, così verso le undici ripartiamo da casa mia perché mi tocca riportare la batteria alla sala prove di Novate Mezzola, nella vicina Valchiavenna; i miei due ospiti hanno così modo di ammirare il paesaggio locale in una bella giornata di fine inverno (o quasi), peccato che l’imponente Youth Crew che generalmente staziona nei pressi della sala prove (vecchi contadini oltre i settanta) sia presente solo con un paio di membri. A mezzogiorno in punto eccoci al Bers, dove peraltro sta per partire il pullmann del Milan Club locale (diretto a San Siro per Milan-Reggina); ho la tentazione di urlare “Rossoneri ebrei!!!” (frase che causò non poche polemiche quando l’avevamo inserita su NS 7 e che quindi ripropongo anche in questo numero sperando di ottenere almeno lo stesso effetto!), inalberare il mio dito medio e poi scappare su in casa del Rocco, ma faccio il superiore e raggiungo tutta la banda per una serie di partite al calcetto, in cui tutti si inchinano alla coppia nerazzurra (Inter/Atalanta) sottoscritto-Carletto (insomma, sono una sega nel calcio vero, ma almeno in quello da tavolo qualcosa so fare!). La due giorni ormai volge al termine, resta solo il tempo per accompagnare Carletto in stazione e per consumare un discreto pranzetto dai cinesi del Gionata, dove lo Staff Dirigenziale de La Fiera dell’Odio fa fuori gran parte dei soldi datici dal Cebio e dal Morone come coproduzione per il 7” Disarm/Obbrobrio! Verso le tre si svolge l’interminabile rito dei saluti e degli arrivederci, ci si dà appuntamento a Bergamo il mese dopo (R.o.i.d. live al Paci Paciana), ci si abbraccia, ecc. ecc., e poi io e il Lanzo ce ne andiamo alla Tavernetta a vedere Bologna-Inter (la vittoria per 3-0 che aveva illuso un po’ tutti noi irriducibili ed ingenui tifosi nerazzurri…).
Uno dei tanti Lokazione di Talamona (So), 10 febbraio 01
(Claudio) Cosa ci si può aspettare da una serata cominciata con l’ennesima scialba prestazione nerazzurra (Inter-Reggina 1-1, coi calabresi che avrebbero meritato di vincere)? Un’altrettanto scialba serata, evidentemente. Così nel post-partita io, l’Alex e il Lanzo ci rechiamo ad uno dei vari Lokazione, concerto mensile organizzato da quelli del Lokalino (per farla breve la “sezione istituzionalizzata” della scena basso-valtellinese, composta da ex attivisti dei tempi della Colonia Fluviale, vedasi Max e Bonello, più parecchie nuove entrate, senza dimenticare ‘o professore Botka). Il primo gruppo non l’ho visto (siamo arrivati tardi) e degli Sluter ho potuto vedere solo i tre pezzi finali (comunque sempre dei grandi, passione e carica da vendere, nonché l’onestà nel fare Glam Metal nel 2001!). Terzi erano i comaschi Orange Juice From the Crypt (gran nome, devo dire!), col loro laido Punk-R’n’R alla…non so alla chi, comunque mi stavano piacendo…dico mi stavano perché al quarto pezzo qualcuno mi ha chiamato e ho passato il resto del loro set a sparare cazzate fuori dall’auditorium. Il gruppo di chiusura, tali Pensione Libano non so di dove, l’ ho invece seguito direttamente dalle gradinate coi mie due soci più il Rocco; non giovanissimi, almeno a giudicare dalle apparenze, e dotati di una grossa dose di antipatia-rockstaristica, i quattro Pensione fanno un becerissimo Clone dei Cloni-Punk Rock “impreziosito” da alcune parti molto veloci più sull’Hc. In pratica uno dei gruppi più piatti che abbia mai avuto modo di sentire, scialbi (il gruppo adatto alla mia serata, insomma!) e noiosi come un Osasuna-Racing Santander 0-0 in replica su Tmc la domenica mattina. Noi, a questo punto, leviamo le tende e come degna conclusione ci rechiamo al “Tempio della Cultura Giovanile di Sinistra” (cioè il Brick, locale aperto fino alle tre e frequentato da cech & maroch, tossici, alcolisti, tamarri di varia specie ed estrazione, ecc. ecc.), dove fra cazzate e commenti sugli astanti si tira l’ora di chiusura. Dopo alcuni anni mi ritrovo a ri-citare i Gang Green: another wasted night…
Il ritorno dei Bloody Riot, Scandiano (Re), 7 aprile 01
(di Rocco D.N.) Chi fossero e cosa facessero i Bloody Riot de Roma nei lontani anni Ottanta dovrebbe saperlo chiunque di voi, quindi risparmio ulteriori menate e procedo con la narrazione dei fatti avvenuti tra Sabato 7 e Domenica 8 Aprile. Programma di Sabato: 1- ore 16.00, dopo una veloce merenda caricare la distro in macchina e partire in solitaria alla volta di Colico, dove troverò rifugio nella macchina del supremo redattore di ‘Nessuno Schema’, 2- fare coppia col succitato magnate della fanzineria italica raggiungendo Bergamo, dove potremo aggregarci alla numerosa comitiva che terrorizzerà le lande Padane per alcune centinaia di km fino a Scandiano. Come da copione alle 16.00 lascio Morbegno orfano del compare Funiculì Funiculà Renza, ormai sempre più faggario. Prima di raggiungere Colico decido di compiere la classica buona azione della giornata caricando un autostoppista capellone epic-metallaro-freakettone con maglietta dei Blind Guardian; veloce cambio di macchina e, a bordo della scoppiettante Punto del Ciotti, è un attimo raggiungere la bergamasca. A questo punto estraggo il foglio con le precise indicazioni fornitemi dall’amico orobico Carletto. “Ah ah ah, con questo foglio in mano ha più probabilità il cantante dei Congress di diventare bello che noi due di perderci in queste ignote lande!” esclamo soddisfatto. Peccato che al primo svincolo già commettiamo il fatal errore e, senza sapere come, ci ritroviamo in paesi assurdi chiedendo indicazioni a gente ancora più assurda e dall’accento parecchio ridicolo; ok, il mio accento sarà pure da cazzone montagnone rozzo e volgare, ma ‘sti bergamaschi sono qualcosa di incredibile. Con un paio di mosse astute e con l’aiuto di tre brillanti signore riusciamo a raggiungere la periferia di Bergamo. Qui chiamiamo Carletto (che a Bergamo gestisce Spartaco, un infoshop con tanti libri e dischi d’ogni sorta), il quale ci promette che entro cinque minuti sarà lì a prenderci. Molto bene…adoro i piani ben riusciti, direbbe Hannibal Smith tra un tiro di sigaro e l’altro. I cinque minuti sono passati ma del prode atalantino nemmeno l’ombra, e nemmeno dopo 10 e nemmeno dopo 20 minuti. Così mi ritrovo seduto su una panchina ai bordi di una supertrafficata strada di periferia in una merdosissima giornata piovosa d’inizio Aprile, e ho pure i piedi bagnati, uffa…Mi sento sempre a disagio nelle grandi città, sono un nulla in mezzo ai grandi palazzi abitati da chissà quante famiglie e mi sento impotente di fronte a quel frenetico via vai di macchine, è tutto così anonimo, angosciante e poco umano. Questione d’abitudine si dice in questi casi, forse è anche vero…ma da questa panchina vedo solo case abbandonate nella nebbia della periferia, generazioni cresciute tra la strada e la ferrovia. Oh cazzo, più che nella periferia di Bergamo mi sembra di essere in una canzone degli Erode! Dopo 40 minuti ecco arrivare la Panda rossa bosniaco-atalantina con a bordo Carletto e l’ospite d’onore: Marcuzzo Manes, termolese purosangue trasferitosi a Milano giusto per non sfatare il mito dell’uomo sudista che viene al nord per rubarci il lavoro e stuprarci le donne. Saluti, baci e abbracci e poi dritti fino a Spartaco, quartier generale della Petosino 24010 Crew. Qui si incontra il resto della comitiva, si brinda, ma soprattutto si ascolta Frankie Moneta, mia unica ed irraggiungibile guida spirituale. Sulla nostra macchina trovano asilo politico Carletto e Manes. Altri tre loschi figuri si rifugiano sulla macchina di Nat, che non è l’omonima etichetta grind-crust giapponese e nemmeno i Nuclei Antimperialisti Territoriali, ma bensì il cantante dei LaFalce. Il viaggio scorre via in gran scioltezza as usual con discussione a base di hooliganesimo da stadio, teppa life e Oi! politicamente scorretto. Come nelle migliori favole, giunti a Scandiano ci perdiamo allegramente per le vie del paese e solo grazie alle indicazioni degli indigeni riusciamo a raggiungere il capannone dove si terrà il famigerato concerto. Scendo dalla macchina e scorgo all’orizzonte un folto schieramento di forze dell’ordine. Cos’è, forse c’è il G8? Le truppe di Milosevic minacciano di marciare su Scandiano? Un’imminente colpo di stato dei ribelli nazi-sionisti del bolscevismo messicano? No, niente di tutto ciò. Solo quattro quasi quarantenni che suonano su un palco per la prima volte dopo otto anni. E io sventolo bene in aria la mia bandana per chiarire una volta per tutte le giuste gerarchie…e che cazzo! Al mio ingresso si stanno dando da fare sul palco i romani Klaxon, altri vecchioni del panorama capitolino, e io non me li cago neanche di striscio perché è sempre bello rivedere e parlare con gli amici che si incontrano in queste occasioni. Tempo di cacciare qualche balla con la potentissima crew forlivese, Lord Catelani e Mr. Pecora che i Bloody Riot sono già lì sul palco, pronti a gettarsi in pasto ai kids presenti. Forse mi sarei aspettato una maggior affluenza di pubblico, ma si sa che i Bloody Riot non sono mai stati un gruppo trendy nell’ambiente del revival dell’Hc italiano del tempo che fu. Con la bandana ben legata in testa mi sposto fieramente sottopalco e i nostri eroi fanno il loro becero ingresso. Alla chitarra c’è lo storico Lorenzo Canevacci, che se non aprisse bocca sembrerebbe quasi un bravo ragazzo, mentre alla batteria troviamo un tipo gigantesco completamente cerebroleso; il bassista, invece, è quello originale, Alex Vargiu con osceno look alla Cramps, pantaloni di pelle nera e basso rosa con cinghia tigrata: grande! Tra nubi di fumo e il tripudio generale compare sua maestà Roberto Perciballi che, abbigliato in giacca e cravatta, sembra mio nonno. Attaccano con “Nervous breakdown” e dopo un minuto salta la voce, il Perci ferma gli altri tre e grida: “A’ fonicooo, ma andò cazzo stà la voce?!?”. Commovente. E il concerto continua così, in un’atmosfera davvero poco Politically Correct, tra i vari classici della band e quella fine ignoranza che solo i romani DOC possiedono. Il mio personale indice di gradimento raggiunge il suo massimo durante la sacra triade “Naja de merda-No eroina-Contro lo stato”, il tutto rovinato da alcuni personaggi grandi, grossi e ciula (come si dice dalle mie parti) che si danno particolarmente da fare sottopalco per dimostrare il loro marcato rachitismo psichico a suon di mosse alla Bud Spencer: complimerda. Alcuni amici storgono il naso (ovviamente non io, che anzi ero in estasi mistica e che a Scandiano ci sarei andato anche sulle ginocchia! – n.d.Claudio), obiettano che i B.R. non hanno mai avuto nulla di interessante da dire, i soliti 4-5 slogans e poco più, e che sono solo uno dei gruppi-mito creati dal succitato revival dell’Hc italiano degli anni ottanta. Che dire, in fondo è chiaro che i B.R. non abbiano mai brillato né per vivacità d’ingegno né per finezza di spirito. Saranno sì solo 4-5 slogans, ma gridati con aggressiva sincerità in un periodo sicuramente meno “comodo” rispetto ai giorni nostri. Perché quando ascolto le loro vecchie canzoni e quando guardo in faccia il Perci capisco che quegli slogans sono stati vissuti intensamente giorno per giorno. I B.R. sono stati e sono soprattutto questo, quattro ragazzi genuini e semplici come il pane e salame (anzi, propongo la versione cruelty free, pane e peperoni), bisogna solo saperli prendere nel modo giusto…E poi, ad essere sincero, i testi di alcuni gruppi di oggi li trovo davvero poco interessanti, quei testi forzatamente introspettivi che risultano essere poi solo un ammasso di pretenziosità fine a sé stessa. E allora preferisco i soliti vecchi slogans sputati fuori con selvaggia rabbia e senza la minima pretesa. Certo che testi del genere per un gruppo di oggi avrebbero poco senso, ma chi di voi ha letto “Come se nulla fosse”, il libro scritto dal Perci a proposito del Punk a Roma, capirà meglio le sue canzoni: conoscere il contesto che porta a scrivere determinati testi attribuisce ai testi stessi un significato più profondo, anche quando di profondità ce n’è ben poca. Ok, fine del discorso serio, prometto che non scriverò mai più nulla di simile! Quindi io mi tolgo il cappello e nel frattempo il Perci si toglie ben altro, rimanendo in boxer sul palco, e il godereccio spettacolo dei prodi romani finisce nella follia più totale. Adesso toccherebbe ai forlivesi Rebelde, ma il tempo è poco e quindi la loro esibizione salta, coi membri del gruppo che, giustamente, s’incazzano come bisce. Il viaggio di ritorno ve lo risparmio, credo di avervi frantumato gli zebedei già a dovere! A Morbegno ci arrivo alle 6 di Domenica mattina. E’ strano il mondo visto alle 6 di Domenica mattina. Dormo fino a quando, un paio d’orette dopo, la sveglia fa il suo dovere di rompicazzo. Mi sveglio brutto ed insofferente come un chewing gum appiccicato sotto le scarpe e sentenzio che la rivolta di sangue per oggi è rimandata a data da destinarsi…
Gradinata Nord – A me mi piace il mare Mini-tour, Cesena (Fc) e Pesaro, 1 e 2 giugno 01
(Claudio) …sì, vabbè, mini-tour per modo di dire, comunque sia abbiamo queste due date che ci ha procurato l’Enrico (Rebelde, R.o.i.d.): la prima di venerdì sera all’interno dell’Ultimo Giro Festival al Confino di Cesena, la seconda il sabato al C.s.a. Oltrefrontiera di Pesaro. Dopo lunghe discussioni sull’eventualità o meno di affittare un furgone, si finisce con la decisione di muoversi usando tre macchine, visto che fra “band” e soci siamo la bellezza di dieci unità. Il ritrovo è fissato per le 13 di venerdì 1 giugno al solito Bar Bersaglio e il contingente che si presenta risulta composto dai seguenti personaggi: io ovviamente, più, altrettanto ovviamente, gli altri quattro Gradinata, cioè il Papo, il Bassman, il Larenza e l’Alex; poi il Rocco, il Corvo, il Buzzo e le due (si fa per dire!) groupies, cioè la Lia (morosa del Bassman) e la mia dolce metà Sabrina (dolce metà all’interno della sezione ritmica dei Kurva, dove appunto lei suona il basso e io la batteria!). Il quadro è abbastanza variopinto, fra il look freakkettone del Rocco e del Corvo (dotati anche di sandalacci alla hippie), quello alla Magnum P.I. (o Mainum P.I., vero Màino?!) di Renza (che sfoggia camicia hawaiiana con tanto di collana di fiori finti!) e quello vampiresco del Buzzo (con gli immancabili ed impenetrabili occhialacci neri). Si parte con queste formazioni: macchina del Bassman con Papo e le due “groupies”, Uno dell’Alex con Corvo e Buzzo, Punto mia con Rocco e Renza più gli scatoloni della distro. Il viaggio fila via liscio fino a Bologna, fra cazzate varie e una sosta ad un autogrill in zona Modena (più o meno), dove ci riuniamo con tutta la banda; per tutto il tragitto fino al suddetto autogrill è stato un continuo superarsi fra me e l’Alex, con gli immancabili gestacci ed esibizioni di natiche da parte dei rispettivi equipaggi all’indirizzo dell’altra macchina. Il Papo si era tra l’altro presentato dotato di un paio di enormi walkie-talkie per tenere i contatti fra la loro e la nostra macchina (logica che ancora mi sfugge, avendo in tutte e tre le auto almeno un telefonino-munito!), così che per gran parte dell’Autostrada del Sole mi toccherà assistere agli infruttuosi tentativi di Renza di mettersi in contatto col Papo usando tecniche alla Zio Jesse di “Hazzard”, tipo “pastore chiama pecorella smarrita”! Qualche interferenza, più o meno volgare e/o trash, dall’accento inconfondibilmente emiliano-romagnolo ravviva un po’ la situazione, al pari di un pullman zeppo di ragazzine che viene salutato energicamente e in maniera non proprio ortodossa sia dalla mia macchina che da quella dell’Alex (il cui terzetto a bordo viene soprannominato da noi “il Trijo Porcodijo”, come una mitica Hc band slovena dell’inizio dei novanta!). Re dell’autostrada viene eletto all’unanimità l’autista di un camioncino con l’enorme scritta “CB Sesso”! Se a Bologna siamo arrivati in meno di quattro ore, per raggiungere Forlì ce ne metteremo almeno altre tre, a causa di uno o due incidenti che ci costringono a marciare a passo d’uomo per lungo tempo; intanto imparo ad odiare il trillo alla “Raining blood” del telefonino di Renza che suonerà almeno una quindicina di volte grazie ad un Papo in preda al panico riguardo le direzioni da prendere! Inoltre comincio a temere di pisciarmi addosso, ma fortunatamente, quando ormai la mia vescica è sul punto di esplodere, finalmente il traffico riprende a scorrere e in una ventina di minuti siamo all’uscita per Forlì, dove ad attenderci c’è il Cebio, ancora vestito da lavoro. Io saluto in fretta e furia e corro ad espletare la mia funzione fisiologica appena in tempo, evitando così di pisciarmi vergognosamente nei boxer davanti a tutti! Radunate le tre auto, il Cebio ci guida con la sua macchina fino a casa Guardigli (cioè casa sua!), dove passeremo la notte e dove quindi ne approfitteremo per mollare armi e bagagli. Casa Guardigli è un bel casolare (stile Romagna dei tempi andati) immerso nella campagna appena fuori Forlì ed io ero l’unico ad esserci già stato, circa un annetto e mezzo prima. Arriviamo in una splendida serata romagnola d’inizio estate e siamo ricevuti dalla gentilissima mamma del Cebio e dell’Enrico, che offre subito una mega-tavolata di cibarie e bevande varie a tutto il contingente basso-valtellinese. Mentre io faccio conoscenza con la camera che ospiterà me, il Rocco e il Renza per la notte (cioè quella dell’Enrico, che dormirà con la morosa nell’appartamento che i Guardigli hanno al mare), accade la prima perla della giornata: la signora Guardigli chiede se qualcuno è interessato a cogliere delle ciliegie, l’Alex, il Corvo e il Rocco si fanno avanti e vengono condotti nel frutteto; la signora Guardigli sparisce per un attimo e il Corvo ne approfitta per mimare un violento coito omosessuale con un ignaro Alex che stava accingendosi a salire su una scala; mamma Guardigli ricompare all’improvviso e commenta con pesantissimo accento romagnolo: “mo vedo che avete una certa confidenza fra di voi!”. Intanto arriva il Momello e dirigiamo alla volta del Confino, visto che ormai si è fatto discretamente tardi e fra non molto presumiamo ci toccherà pure suonare. Rimetto piede al Confino anche in questo caso dopo un anno e mezzo circa e trovo subito parecchie facce conosciute: Borys, il Morone, l’Enrico & la Debora, il Matteo, lo Skin, il Mila che non vedevo da anni, Pietrone (dei Frammenti), la Irith, il Fornaca, il Pulce, addirittura Piero Majocchi (che avevo visto l’ultima volta almeno nel ’94!), il Paso, il Gigliucci e molti altri ancora. Dopo il solito migliaio di scambi di parole e, soprattutto, cazzate (!), inizia anche il concerto (è la prima delle due serate benefit per la ‘zine “globale” “Ultimo Giro” – vedi nelle recensioni delle fanzines per i dettagli). Aprono i R.o.i.d., io me li perdo quasi per intero, ma tanto li ho già visti altre volte! Seguono i Cattiveria e pure loro me li perdo per gran parte del concerto, anche se quel poco che ho visto mi è piaciuto (un buon Crust-Grind-Powerviolence-sailcazzocosa…resta il fatto che ci davano giù di brutto ed io ho apprezzato!). Poi ecco i Grobelaar, il duo Gigliucci-Pomo (vergognosamente riconoscerò quest’ultimo solo il giorno dopo, causa una folta barba che anni fa il mio omonimo non possedeva!) col loro pestonissimo “potere-violenza” e le consuete spiegazioni ai testi (non lunghissime come mi avevano detto, però). Infine tocca a noi: il Renza, in un impeto di saggezza, premette che “i Grobbelaar spiegavano i testi, noi è meglio di no!”. Diamo una discreta dimostrazione d’ignoranza (secondo il Paso abbiamo battuto anche gli Envision, finora il gruppo più ignorante e tamarro visto al Confino!), fra un Papo che canta con birra alla mano in pieno stile Business, un Bassman a torso nudo e in pose “glameggianti”, io (che sembro uscito da un “HM” dell’86, come mi dirà il Rocco) con maglietta Bathory col caprone e senza maniche, e infine Alex e Renza che non restano certo indietro in quanto a scurrilità varie. Di gente ne è rimasta abbastanza e c’è il solito singalong sulle covers di Nabat, Erode ed Agnostic Front, con lo Skin scatenato; per la prima volta facciamo dal vivo “Carry on” dei Manowar, tanto per aggiungere la ciliegina sulla torta dell’ignoranza più becera! Scendiamo abbastanza soddisfatti e c’è ancora il tempo per un altro turbinio di chiacchiere con i vari personaggi citati più sopra, prima di tornare nella Maison Guardigli per dormire un po’: alla fine siamo tutti lì a passare la notte, l’èlite (io, Rocco e Renza) nella camera dell’Enrico e la plebaglia (cioè tutti gli altri!) nella sala prove adiacente la casa. Il Cebio va in stanza con il suo amore dell’epoca, una delle due tipe della fanzine leccese “Piccola Meraviglia” (Elisa? Mi sembra), mentre noi raggiungiamo la nostra camera: io e il Renza ci accapariamo il lettone a una piazza e mezza, lasciando il Rocco ad una branda sul pavimento. Dopo aver spulciato per una buona mezzora fra i dischi e le letture dell’Enrico, il Renza comincia a sbirciare fra i vestiti della Debora e opta per indossare un’aderentissima canottierina da donna che poi però non riesce più a sfilarsi! Segue un piccolo teatrino con Renza che istericamente chiede a me di togliergli l’indumento, io che proprio non ci riesco perché ho schifo a spogliare un uomo e il Rocco che tiene chiusa la porta temendo l’ingresso della signora Guardigli! Alla fine il Renza ce la fa da solo e possiamo coricarci: sul lettone stiamo da papi (anzi da Papo…battutona!) fra almeno cinque cuscini e quando il Rocco, che sul pavimento era privo di guanciali, chiede se ce ne avanza uno la risposta è un “no!” unanime! Riuscirà poi a prendersene uno qualche minuto dopo, alzandosi bestemmiando violentemente al nostro indirizzo. Alle otto di mattina circa vengo destato da un ritmico rumore metallico proprio sotto la nostra finestra: trattasi di mamma Guardigli intenta a potare una siepe con una cesoia! Rassegnatomi alla levataccia, vado al cesso (dove ho un imbarazzante faccia a faccia con nonna Guardigli) e, tornato in camera, sveglio anche gli altri due perché non ritengo giusto che loro dormano ancora e io no! Raggiungiamo gli altri nella sala prove, spariamo quattro balle, ci spariamo addosso con un Liquidator trovato in loco, poi io e Renza decidiamo di tornare in camera a raccattare quattro stracci per l’imminente discesa al mare; nel mega casone-labirinto che è la casa dei Guardigli, sbagliamo subito strada e finiamo per errore nella cucina al pianterreno, dove la mamma di Cebio ci fa “prigionieri” a suon di caffelatte, biscotti e Miele Guardigli (“che ti fa bene se lo pigli”, come recita il motto di casa!); consumiamo la pantagruelica colazione in compagnia della “mitica” Ilaria, la sorellina di Cebio ed Enrico (che dall’ultima volta che l’avevo vista si è parecchio tranquillizzata!), nonché della cagna di casa e del Rocco, che ci raggiunge poco dopo sbagliando anche lui strada! E finalmente si va al mare! Il momento dell’intera trasferta più agognato da parte dell’intera truppa! Naturalmente il tempo è stato bellissimo fino al giorno prima, con un caldo agostano e un mare stupendo, oggi ovviamente minaccia pioggia e sta già tirando un discreto ventaccio… Noi, che abbiamo appuntamento con l’Enrico nell’appartamento “marino” dei Guardigli, partiamo ugualmente fiduciosi con al seguito selviettoni, ciabatte e costumi; io salgo sull’auto del Cebio assieme ai miei due soci di viaggio e alla leccese e, fra stradine sterrate e tratti asfaltati, arriviamo a Milano Marittima. Giro per il centro e sosta da un piadinaro per il pranzo, prima di andare a ricongiungerci ad Enrico & company. Neanche il tempo di salire in casa e salutare i presenti (Enrico, Debora, Borys e il suo socio Lorenzo, la coppia Gigliucci-Pomo e rispettive signore) che inizia a diluviare…merda! Qualcuno decide di mangiare una pasta vegana, io soprassiedo e, non appena smette di piovere, scendo in strada col trio Rocco-Renza-Papo, alla ricerca di un buon caffè. L’Enrico ci consiglia il “bar dei froci” vicino e noi, ovviamente, famelici di scene trash, ci andiamo al volo; contrariamente ai bar nostrani che si fregiano di tale appellativo (perché gestiti da gay, ma generalmente frequentati da rudi camionisti e muratori che fugano qualsiasi dubbio su una loro presunta omosessualità solo guardandoli da cento metri!), questo risulta essere una sorta di Blue Oyster (presente Scuola di Polizia?) romagnolo, con coppiette omo ad ogni tavolo, composte per lo più da machi baffuti e vecchie checche. Noi diamo subito una dimostrazione di quanto siano decisamente Oi!-ignorantomofobici i Gradinata, col sottoscritto che ordina il caffè stando platealmente col didietro incollato al bancone guardandosi in giro circospetto, il Papo che signorilmente chiede “un caffè lungo…a me piace lungo!” e il Renza che, dopo il caffè, ordina alla barista, in pieno stile Montagnani, “una banana…anzi me ne dia due, così una la mangio!”. Appena usciti troviamo subito un calcetto da tavolo e facciamo un paio di partitelle, condendo il tutto con espressioni gratuite e volgari tipo “che culo”, “ma se sei inculato!”, “goool! Tiè, nel culo!”, ecc. ecc., tanto per cercare di risultare anche antipatici oltre che ignoranti! Finito il giro-turistico, dopo aver trovato il Corvo in un alimentari, ci piazziamo in un parcheggio a sparare minchiate con l’ascolto dei Peggior Amico e dei SudXT a manetta dall’autoradio della Uno dell’Alex (che nel frattempo se la dormiva in appartemento, mentre il Corvo gli prendeva a calci la custodia della chitarra, accusata di portare via troppo spazio a bordo!); decidiamo poi ad ogni costo di andare a fare il bagno al mare, nonostante abbia ripreso a piovigginare. Recuperiamo tutta la banda (tranne il dormiente, che verrà chiuso dentro dall’Enrico!) e dirigiamo verso l’Adriatico: purtroppo ci troviamo di fronte una spiaggia deserta, con un mare forza nove e dei cavalloni da paura, quindi, nostro malgrado, dobbiamo rinunciare (a bestemmie e madonne varie) al bagnetto tanto agognato… Ripariamo in un baretto della spiaggia, dove a breve saremo raggiunti anche dall’Alex che è uscito calandosi dal balcone (e facendosi malissimo!). Intanto esce il sole e, dopo un intermezzo a base di jukebox e balli demenziali, ci facciamo un giretto per il centro di Milano Marittima, per poi tornare all’appartamento. Ormai sono le sei di sera e dobbiamo separarci dai forlivesi per raggiungere Pesaro. L’Enrico ci lascia le indicazioni per trovare il posto e le macchine del Bassman e dell’Alex partono per le Marche; noialtri tre invece ci dobbiamo far riportare dal Cebio a Forlì a riprendere la mia auto, così che faremo il viaggio da soli un po’ più tardi. Intanto Borys ci lascia le nostre copie della seconda stampa dello split-7” Disarm/Obbrobrio e arriva anche il Carletto, direttamente da Almè (Bg)! Quest’ultimo si unisce a noi per il tragitto Milano Marittima-Forlì, dove facciamo tappa dal Momello che mi presterà alcuni pezzi di batteria. Passiamo anche un salto a trovare il Morone, che sta studiando per la maturità, così che io ho l’occasione di conoscere sua madre (delle cui labbra mi sono innamorato da tempo, eh eh!); inoltre il Camorani ci mostra orgogliosamente la collezione di 7” rarissimi del primo Hardcore italiano (regalatagli da un tipo che non ascoltava più questi dischi…pensate un po’ voi che culo che ha ‘sto Morone! A me in vita mia al massimo han regalato dei gran dischi di merda di cui mi sono disfatto solo a fatica…), fra i quali roba che io vedo per la prima volta in versione originale (naturalmente sbavando!). Ad un certo punto decido di far copulare (in varie posizioni) fra loro “In nome del loro potere…” dei Wretched e Obbrobrio / Disarm, che magari il mio gruppo ne potrà trarre dei benefici! Per Pesaro si preannuncia una “seratona”! La sera prima ho infatti parlato con un paio di ragazzi degli Altro, che hanno organizzato il concerto, e ho saputo dell’assenza del previsto gruppo spalla locale (che avrebbe presumibilmente portato un po’ di gente al seguito), quindi, vista anche la concomitante seconda serata al Confino, si prevede una tragedia! Comunque sia, carichiamo tutto il necessario e partiamo, proprio mentre sta per scatenarsi un nuovo temporale…ovviamente! E rieccoci on the road, direzione Marche: another town, another place, another girl, another race, direbbero i Motorhead in questo caso! “L’altra faccia della Riviera” dei Reazione gira a manetta nell’autoradio (ed è bestiale cantare il ritornello di “Rimini brucia” proprio mentre superiamo l’uscita di Rimini Nord!), il cielo è diventato scuro e le prime verdissime colline marchigiane appaiono all’orizzonte; è un bel momento, siamo tutti e tre abbastanza su di giri, a suon di cazzate e racconti di vita vari. Siamo in macchina e mi è venuto duro. Stasera se lo godrà qualche passera di Pesaro (citazione adattata da “Fedeli alla tribù” di John King). …naturalmente non sarà così, comunque sia facciamo il nostro ingresso nella città marchigiana e, senza sbagliare neppure una volta, giungiamo davanti all’Oltrefrontiera. I nostri soci sono già lì da un po’ e io entro subito a dare un’occhiata: peccato che stasera non verrà quasi nessuno, perché il posto mi piace parecchio! Da quel che ho capito è una specie di c.s. comunale dato in gestione ad una specie di collettivo o giù di lì: pulito, spazioso, con un bel palchetto e un ottimo impianto, un bancone da bar e una saletta-biblioteca. Dopo una discreta attesa consumata su dei divanetti, arrivano Gianni e Ale degli Altro (il primo mio corrispondente da anni che vedo per la prima volta di persona) che mi spiegano un po’ come funzionerà la serata. Facciamo un soundcheck in cui io do l’impressione di non aver mai visto una batteria prima di quel momento, anche se alla fine i suoni saranno decisamente buoni. Io e il Rocco decidiamo spavaldamente di mettere giù il banchetto e alla fine avremo stabilito un piccolo record: aver venduto qualcosa solo a persone che erano con noi e a nessuno del posto! Si fa l’ora della cena, una buona pasta con le olive per la quale io faccio anche il bis (e qualcuno di noi anche il tris!), mentre comincia ad arrivare qualche persona, fra cui citerei uno degli attivisti del centro che ricordava paurosamente uno dei fratelli “terruncielli” di Abatantuono ne “I fichissimi”! Giunge anche un contingente di giovani punks, fra i quali si distingueva un ragazzino con enorme scritta Brigate Rozze sul retro del giubbetto di jeans; alcuni di loro danno una meticolosa occhiata al banchetto e poi se ne vanno senza prendere niente, naturalmente. L’ambiente è strano, vuoi per la poca gente, vuoi per un’illuminazione modello night club, vuoi per il classico odore di pioggia estivo che viene dal di fuori, fatto sta che ad un certo punto io, il Bassman, il Corvo e il Rocco decidiamo di uscire un attimo e di recarci nell’adiacente Centro Sociale per Anziani a prendere un caffè: questo c.s., al contrario dell’altro, è invece strapieno, con spettacolari vecchi over-70 intenti a giocare a carte o a giocare e/o seguire una gara di bocce; purtroppo il barista non può servirci perché le consumazioni sono riservate ai soli soci e a malincuore siamo costretti ad uscire…peccato, perché mi sarei volentieri soffermato a conversare con gli astanti di politica e di sport, una volta superata la tremenda barriera linguistica del dialetto pesarese, assolutamente incomprensibile ad un padano del nord come me! Rientramo all’Oltrefrontiera e, a sorpresa, gli Altro decidono di suonare e di fungere loro da gruppo spalla, così quando la sala si è “riempita” (alla fine il picco massimo di presenze si assesterà sulle ventiquattro unità, se non erro, gruppi esclusi. Mi spiace che Fabio dei Pulmanx fosse fuori Pesaro quella sera, perché l’avrei beccato per la prima volta di persona dopo quasi dieci anni di corrispndenza! E anche le mie speranze di incontrare un componente dei miei idoli di gioventù Cani, o addirittura il mitico Paul Chain, si rivelano purtroppo vane!) i tre pesaresi salgono sul palco e suonano per una ventina di minuti qualche pezzo del loro Emo-Rock che, pur non entusiasmandomi, seguo come in trance da dietro il banchetto! A questo punto tocca a noi: io, svegliatomi dal mio stato lisergico, trovo il tempo di scarabocchiare i loghi di Gradinata ed Obbrobrio sulle porte dei cessi, prima di salire sul palco dove io e Renza sfoggiamo un paio di canotte belle terone. Siamo su, diamo un’occhiata alla sala deserta, con tutta la gente piazzata o in fondo o da parte, e iniziamo dandoci dentro come fossimo di spalla a Business e 4 Skins nell’Oi! Festival inglese più prestigioso, davanti a migliaia di skins & punks (= t.n.t.)! Ad un certo punto noto una figura femminile che si dibatte sotto palco e mi esalto notevolmente, salvo poi rendermi conto dopo un paio di pezzi che si tratta della Sabrina (e non di una ragazza pesarese come avevo creduto), che assieme al Buzzo e al Rocco cerca di renderci meno alienante la situazione! Facciamo “Scenderemo nelle strade” dei Nabat e il Renza la presenta con un appropriato “scenderemo nelle strade…magari lì ce n’è un po’ di più di gente!”. Chiudiamo con la solita “Carry on” e scendiamo dal palco belli allegri lo stesso, nonostante l’assenza ormai quasi totale di pubblico; qualcuno mette su della Drum’n’Bass e tutta la nostra banda comincia a ballare nella sala concerti, dove adesso ci siamo solo noi. Si toccano abissi di demenza incredibili, fra un Buzzo che soffia bolle di sapone saltando leggiadro come un capretto, un Papo cubista che balla in piedi ad una sedia, un Alex che si esibisce in uno dei suoi numeri storici, cioè il nuotare sdraiato a pancia in giù sul pavimento, io, il Renza e il Rocco che ci esibiamo in stile i Bulgari di Aldo, Giovanni & Giacomo, sfruttando anche una scopa e uno spazzettone, il Bassman e il Corvo che ci danno dentro con movenze pelviche da far impallidire il compianto Elvis the Pelvis, e alla fine, quasi sconsolate, anche la Lia e la Sabri si uniscono al gruppo. Ad un certo punto, ormai in pieno trip da discotecaro-pasticcomane, vengo chiamato da Ale degli Altro per il rimborso e uscendo dalla sala concerti mi giro a dare un’occhiata ai miei soci: …devo ammettere che la vista di tale presepe vivente mi ha shockato non poco! Ricevo cento carte (vista la serata mi attendevo molto di meno!) che, considerando il fatto che a Cesena di soldi non se ne sono visti, alla fine ammortizzeranno ben poco, ma che sono meglio della classica “pesciada ‘ndel cü”! Le opzioni per il resto della serata a questo punto sono due: restare a Pesaro e andare in qualche locale con gli Altro e i loro soci, oppure trasferirsi tutti (sia noi che loro) a Cesena, dove al termine del concerto ci sarà la disco-revival anni 70: quasi tutti propendiamo per questa seconda ipotesi, così, dopo aver caricato tutta la mercanzia sulle auto, ritorniamo in Romagna sotto una pioggia battente. E rieccoci quindi al Confino, dove stanno ancora suonando gli Ohuzaru: entriamo nella sala concerti e quello che ci troviamo davanti è una spettacolare rovina in pieno stile anni ottanta, con mucchi umani sotto il palco e il gruppo che sta davvero spaccando il culo (per una volta lasciatemi usare quest’espressione, và!) col suo Hardcore a mille! Tutti noi ne siamo colpiti, Alex e Papo compresi, con quest’ultimo che incredibilmente si getta nel pogo trasformandosi anche in Cyco Papo durante la cover di “Fascist pig” dei Suicidal Tendencies, quando io, ovviamente, mi cingo la fronte con la bandana! Finito il concerto dei veneziani (ho riconosciuto anche una “Smell the bacon” di Madballiana memoria), è tempo di intrattenerci con i soci della sera prima e con chi è invece arrivato solo il sabato: c’è Fulvio da Alessandria (che ha appena suonato coi Jilted quella sera), c’è Arash, c’è il Pecora (vestito da bassotto, quelli di Topolino intendo, con maglia rossa col numero da carcerato e cappellino delle ceramiche Ariostea!), c’è ovviamente il Carletto, e altri ancora. Intanto parte la serata Disco-Dance e gran parte di noi si fionda in pista: io, che sfoggio bandana e camicia senza maniche aperta sul davanti (un look alla Jerry Calà dei tempi d’oro, come mi suggerisce Arash!), il Corvo, il Rocco, l’Alex e il Renza. Ci sono anche Borys, il Momello e la Sara (la sua morosa), il Fornaca, il Pulce, una simpatica combriccola di leccesi e molti altri ancora. Reginetti del dancefloor sono il Momello e il “travoltiano” Borys (che a un certo punto danza tamarrissimamente a torso nudo), mentre di noi resisteranno sino a notte inoltrata i soli Alex e Corvo, che balleranno come tarantolati fino all’ultimo! Degno di nota un sosia del Màino, sicuramente ultra-impasticcato, che era dieci volte più tarantolato dei nostri due soci messi assieme! Alle cinque circa si è fatta l’ora di rientrare a casa Guardigli ed è il Morone che si offre di guidare la nostra carovana di auto con la sua macchina; salutiamo tutti i presenti conosciuti, usciamo, svegliamo chi era andato a dormire in macchina e partiamo al seguito del Camorani. Neanche il tempo di fare un paio di km. che ad una svolta il Morone scatta come il compianto Gilles Villeneuve, col solo Alex che riesce a stargli dietro, mentre io e il Bassman restiamo frenati dal traffico che intasa la strada in cui dobbiamo immetterci; superfluo dire che poco dopo ci perdiamo… riusciamo comunque ad arrivare a Forlì, da dove ovviamente telefoniamo al Morone per farci condurre a casa Guardigli, se no avremmo girato ore a casaccio! Lui nel frattempo era tornato indietro a cercarci, dopo aver posteggiato Alex e relativo equipaggio in un parcheggio, e alla fine ci recupera e ci conduce tutti sani e salvi a destinazione. Ormai è mattina, saranno le sette e fa decisamente freddo. Io rifletto un attimo e penso che se vado a dormire adesso va a finire che mi sveglio di pomeriggio e completamente rincoglionito, con la prospettiva di dover guidare nel traffico del rientro domenicale fino a casa (cosa mica tanto indicata per la giornata lavorativa che mi attende il lunedì!): decido quindi di tentare l’impossibile, tornare subito in su senza riposare nemmeno un attimo! Renza e Rocco sono d’accordo con me e lo è anche il mio quarto passeggero, il Carletto, a cui daremo un strappo fino a casa. Salutiamo il Morone e il Cebio e partiamo, mentre gli altri decidono di andare a dormicchiare un po’ e di muoversi solo dopo qualche ora di sonno. Facciamo subito benza ad un self-service e imbocchiamo l’autostrada: la prima parte del viaggio va benone, fra cazzate, commenti sulla due giorni e resoconti vari a sfondo sessuale degli ultimi tempi. Poi io comincio a cedere e si rende indispensabile una sosta ad una stazione di servizio completa di mini-market e bar. Qui io ho veramente delle difficoltà a stare in piedi e, soprattutto, ad articolare una frase di senso compiuto, tanto che la colazione deve ordinarmela il Renza, perché dietro il banco non riuscivano a capire quello che biascicavo! Qualcuno mi suggerisce del Red Bull, io me ne sparo una lattina e poi scivolo al cesso a darmi una rinfrescata; esco dal bagno ancora bello rincoglionito e sulla porta incrocio un figuro che mi fa un cenno di saluto, io lo inquadro un secondo e penso “chissà chi cazzo è ‘sto slavo?!”: lo slavo si rivelerà essere il Rocco…sono proprio lucidissimo, andiamo bene! Ripartiamo e mi sento lievemente più sveglio, mentre sul sedile posteriore il Rocco e il Carletto crollano in un sonno profondo. Io e il Renza siamo lì lì per seguirli a breve, quando il mio socio ha un’idea per farci restar svegli: l’ascolto a volumi smodati di qualche gruppo da singalong cantandone i cori a squarciagola! Così, fra il mini-cd dei Reazione e l’accoppiata “Fighting the world” / “Kings of Metal” dei Manowar, riusciamo a svegliarci quasi del tutto e a raggiungere la seconda tappa (un autogrill non ricordo più dove) in discreta forma! Svegliamo a calci i due di dietro, che avevano dormito profondamente nonostante Eric Adams che gli gridava nelle orecchie di come avrebbe combattuto il mondo intero per l’affermazione del vero metallo! Appena fuori dall’ingresso ci sono i classici tre napoletani (o giù di lì) intenti al gioco delle tre conchiglie, con tutte le gabole del caso; io, il Carletto e il Renza entriamo a prendere qualcosa da mangiucchiare e da bere, mentre il Rocco segue come rapito tutte le evoluzioni della situazione per almeno venti minuti (noi speriamo che nel frattempo qualcuno lo rapini del portafoglio, ma la speranza si rivela purtroppo vana). Intanto il Carletto acquista il classico porno da autostrada (roba soft comunque, solo nudi femminili)! Ripartiamo un’altra volta e adesso siamo svegli tutti e quattro, così che arrivare sani e salvi nella bergamasca non è più un problema! Passiamo dalla mitica Petosino (do you know Frankie Moneta?!) e facciamo il nostro ingresso ad Almè verso le undici del mattino; decliniamo l’invito del Carletto a fermarci a mangiare da lui, perché il nostro desiderio primario ormai è solo quello di arrivare a casa e di fiondarci a dormire della grossa! Il nostro socio atalantino ci guida con la sua auto fino alla strada per Lecco, ci salutiamo dandoci appuntamento alla quattro giorni di Osio Sopra (Bg) di due settimane dopo e dirigiamo verso casa. Poco prima di Lecco si fanno sentire nuovamente i morsi della fame, così che ci si ferma in un baretto dove il sottoscritto attenta alla propria vita facendosi letteralmente costruire un panino con formaggi piccanti, salsa di olive, maionese…e ci mancava solo del cemento! A mezzogiorno eccoci al Bersaglio, dove scarichiamo la roba e tentiamo senza successo di rifilare il porno-soft al Paolo (cantante # 2 degli Unabomber) che incontriamo in loco. A mezzogiorno e mezzo io sono nel letto e mi addormento seduta stante…e anche questa è fatta!