GRADINATA NORD

“L’hardcore punk è un tipo di musica che ha più di 30 anni di vita. Più di un quarto di secolo.
Sono i giovani che sono ridicoli a rifare una musica che potrebbe essere quella dei loro genitori.
Come se io negli anni ottanta mi fossi appassionato a Modugno, al Trio Lescano e a Nilla Pizzi. Rendetevi conto.
A me, quando avevo 18 anni, i gruppi che rifacevano i pezzi dei Led Zeppelin o di Jimi Hendrix mi sembravano rincoglioniti che suonavano merda per vecchi. Ed erano cose di 15 anni prima. L’hardcore è roba per vecchi, fatevene una ragione”

 

(Vandalo, old school writer / ‘zine maker / blogger Milanese, 2004)


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Valtellina boyz are back in town – Tour 2010 / 2011

C’entra solo relativamente la citazione del buon Vandalo, però dato che è una grande verità che volevo pubblicare e non sapevo dove piazzarla, la metto qui, visto che noi Gradinata siamo in effetti un gruppo di vecchi (ok, per quattro/quinti!) che viene dall’Hardcore/Punk. L’intestazione “Tour” ovviamente è ironica, trattandosi infatti di una manciata di date sparse qua e là fra i mesi di settembre ’10 e di maggio ’11; il fatto è che, essendo per quattro quinti una band composta da gente di una certa età, lavori e famiglie (nel mio caso quelle altrui) ci impongono di tenere una media concertistica molto ma molto bassa. A chi fra voi lettori/lettrici che per anni mi avete chiesto ‘ma quand’è che suonate qui in zona che vengo a vedervi?’, rispondo definitivamente per iscritto che, viste le scarsissime possibilità di riuscire a raggrupparci tutti e cinque per fare una data (calcolate anche che il cantante adesso risiede a Pavia e molto spesso lavora nei weekends) tendiamo innanzitutto a privilegiare i concerti fuori zona (motivazione principale: vedere posti nuovi e conoscere gente nuova, tutto lì), cercando di limitare le apparizioni locali ad una all’anno, fermo restando comunque il fatto che di date locali ne abbiamo ovviamente fatte parecchie nei primi anni di vita del gruppo (e sinceramente adesso come adesso ne facciamo anche volentieri a meno!). Va detto, per intenderci, che su cinque richieste di concerti che riceviamo generalmente rispondiamo picche a quattro, “grazie” al suddetto problema del raggruppare tutta la band. Ricordo che un sabato mattina ad inizio 2011 mi misi al computer a rispondere alle e-mails dei Gradinata e dovetti annullare possibili date a Roma, Bergamo, Firenze/Pistoia e Cremona, tutte in un colpo solo… Ecco, un pistolotto introduttivo al gruppo dovrei anche farvelo a questo punto e lo faccio seguendo lo stile di una succinta bio: i Gradinata Nord nascono nel gennaio 2000 con una formazione a cinque fra cui due cantanti solisti (Diego e Lanzo), di quella primissima incarnazione a tutt’oggi sopravviviamo io e l’Alex, che all’epoca suonava il basso, dato che l’unica chitarra era già appannaggio di Renza. Dopo il primo concerto il Bassman si propone come bassista e quindi Alex passa al suo strumento naturale per una formazione a sei con due chitarre e sempre due cantanti. Dopo un altro paio di concerti rimaniamo con un solo vocalist (il Lanzo molla) e facciamo qualche altro live finchè anche il Diego se ne va. Fin qui lo stile è quello di un Oi!-Core volutamente molto ignorante con testi a base di calcio, ultras, rissosità e polemica varia. Arriva il Papo alla voce (siamo nell’autunno del 2000) e questa formazione che denominerò mark II (come si fa con quelle dei Deep Purple) durerà per un paio di anni, in cui suoniamo parecchi concerti qui e in giro per l’Italia e registriamo cinque pezzi che appariranno su un cd diviso coi Rebelde di Forlì e uscito nella primavera ‘02 per la Valium Records di Roma (l’etichetta di Robertò del negozio Hellnation). Lo stile si è nel frattempo spostato su un Oi! più propriamente detto, ferme restando le tematiche che, se possibile, si fanno anche più ignoranti nel loro svolgimento. Renza ci lascia nell’estate del 2002 e lo rimpiazziamo con l’Abram (a cui appiopperemo il nomignolo di Nasty Abraham). Seguono parecchi concerti (fra cui quello in Svizzera di cui avete letto la recensione qualche pagina addietro) e la composizione di una manciata di pezzi nuovi nei quali all’Oi! si affianca un certo Hard-Rock’n’roll, mentre i testi (ferma restandone l’assoluta ignoranza, sia chiaro) passano a trattare anche altri argomenti tipo motociclette, Braccio di Ferro, girls girls girls, marinai, spiagge lacustri, ecc. Diciamo che se all’inizio volevamo essere il più ignoranti possibile, adesso cerchiamo anche di fare dei testi che trattino i clichès del rock e anche del punk/oi! in maniera divertita e divertente e con una certa componente parodistica! A fine 2003 però subiamo un inatteso stop dovuto all’improvvisa defezione del Papo. Segue un periodo buio di più di due anni in cui il gruppo continua ad esistere (nel frattempo molla anche l’Abram) in formazione a tre (Alex-Bassman-io) per sporadiche prove rigorosamente strumentali in cui cerchiamo disperatamente di mettere insieme delle versioni definitive dei pezzi per l’album. Sì, perché noi il disco nuovo vogliamo farlo a tutti i costi! Nel 2006 riusciamo a convincere il Papo a rientrare nel gruppo, troviamo una sala prove stabile e iniziamo a lavorare sui pezzi finalmente con la voce e pure con una seconda chitarra, quella del Chicco (di fama Captura / As Likely As Not, che si presta per più di un anno al servizio dei Gradinata). Inutile dire che le prove rimangono sempre sporadiche, nell’ordine di una decina nel 2006 e di cinque o sei nel 2007, per cui l’attività procede molto a rilento e inoltre abbiamo deciso di non suonare più dal vivo (nonostante qualche offerta che ogni tanto ci arriva) finchè non avremo fuori il disco nuovo. Nel 2008 altro cambio di formazione, dato che il Chicco ci saluta: da qui il Bassman prende in mano la seconda chitarra e al basso entra suo fratello minore (molto minore, diciassettenne all’epoca), l’Andrea, subito soprannominato B.J. Andrè (con l’acronimo che sta per Bassman Junior, ma se preferite anche per…beh, avete capito ;-) !). A fine anno finalmente iniziamo a registrare sotto la guida del Lollo (al secolo Lorenzo Monti, ingegnere del suono/produttore morbegnese di fama nazionale, già bassista in gruppi quali Peter Punk -assieme al Bassman nei 90’s- e Milaus). Sul disco non compare B.J., dato che il Bassman si occupa sia della seconda chitarra sia del basso, per cui a registrare l’album è una formazione a quattro, quella se vogliamo “storica” (Papo-Alex-Bassman-io). Fra ospitate varie (parecchie) e mixaggio, che prendono decisamente molto più tempo della registrazione vera e propria, il disco è pronto a fine 2009 ed esce nell’aprile 2010 col titolo di “Valtellina boyz”, autoprodotto (grafiche by Buzzo) su etichetta BaCio Records (BassmanCiotti, cioè i due che più ci mettono idee, tempo e, ahimè, soldi!). Sì, beh, succinta bio mica tanto, ma c’erano comunque dieci anni da condensare in poche righe, scusassero la prolissità! Comunque col disco fuori è tornato il momento di suonare dal vivo! E la line-up è presto assemblata: i quattro del cd col Bassman alla chitarra e il ritorno di B.J. al basso. Intanto un infortunio sul lavoro (dito indice della mano destra maciullato nel settembre 2009) mi ha obbligato a modificare leggermente il mio “stile”… dato che le prime due falangi del suddetto indice sono pressochè paralizzate e quindi inutilizzabili, ho (e sto ancora, a dire il vero!) imparato a tenere la bacchetta col medio e a usare quello di dito per farla rimbalzare e tutte le sfumature del caso (poche nel mio, data la tecnica molto bassa in possesso del sottoscritto!). La faccenda mi avvicina un po’ a Tony Iommi (lo storico chitarrista dei Black Sabbath che perse le prime falangi di indice e medio in un incidente con una pressa piega-lamiere, ma che poi si autocostruì una specie di ditali in plastica fusa ricoperti di cuoio e riprese a suonare diventando il mostro sacro che è) e questo almeno mi consola un po’ ;-) ! E diciamo anche che i Gradinata, vuoi per il nome e parecchi testi a sfondo calcistico/hooligano, vuoi per lo stile del nostro disco più conosciuto, vengono pressoché unitamente definiti Oi!, ma in realtà sono infilati un po’ a forza nella categoria. Anche perché, altro che skins & punks, noi quattro membri “storici” abbiamo dei sogni inconfessabili: il cantante quello di essere il frontman dei Suicidal Tendencies (assumendo il nome di Cyco Papo, ovviamente!), un chitarrista quello di salire coi Testament sul palco del Dynamo Festival olandese con una Flying V al collo, l’ altro chitarrista quello di duettare con Andy McCoy magari accompagnati da Sebastian Bach alla voce, il batterista (io) che se esistesse la macchina del tempo si trasferirebbe seduta stante nel sud della California nei primi anni ottanta e cercherebbe di infilarsi in qualche Hardcore band dell’epoca! E aggiungiamoci comunque un bassista che sono certo morirebbe per una data al Roxy Club di Londra nel ’79 suonando con una band il cui suono sia un misto fra Clash, Joy Division, Ruts e Buzzcocks. Da quell’ultima data di metà luglio 2003 al Sert di Verceia (locale polivalente gestito da bikers, ma con frequentazione abbastanza varia, seppur tendente alla fauna più white trash della zona, essendo anche una bocciofila) sono passati più di sette anni. Un’ultima data che nessuno immaginava sarebbe stata tale e in cui suonammo decisamente bene, concludendo con una serie di covers (preparate per l’occasione e quindi suonate mica tanto bene) per i bikers presenti (cioè i gestori): ‘Whole lotta Rosie’ degli Ac/Dc, ‘Paranoid’ dei Black Sabbath e ‘Jailhouse rock’ di Elvis Presley nella versione dei Motley Crüe…non riuscimmo a preparare decentemente ‘Jumping Jack flash’ dei Rolling Stones e l’immancabile (quando si parla di motociclisti) ‘Born to be wild’ degli Steppenwolf. Della serata ricordo un pubblico sulle trenta persone (di cui almeno venti del nostro giro di amici) e il fotografo di un fantomatico giornalino di paese (che in effetti non ho mai visto) che ci fece delle foto a fine concerto con noi a fronte palco che posavamo come gli Scorpions sulla copertina di “World wide live”…autoironicamente, eh! Ricordo poi che nella sala-ristorante era in corso una cena di pre-addio al nubilato (neanche l’addio vero e proprio, il pre-addio…) e rimembro prima del concerto un imbarazzante incontro nella toilette fra una mia vicina di casa vestita praticamente da coniglia e il sottoscritto abbigliato come un Tommy Lee macedone…eloquente lo scambio di occhiate e il telepatico messaggio scambiato: tu non mi hai visto/a! Ah, beh, ovviamente non ci fu nessun incontro bollente, come suggerisce la tradizione rock’n’roll, fra le coniglie e la rock-band nel backstage (cioè il campo di bocce del locale)…niente di tutto ciò, naturalmente. Ci fu invece il commento di un idraulico sessantenne di mia conoscenza, il quale, incontrato nel post-concerto al bancone del bar, commentò con un “pìcuf mia maa” (traducibile con ‘ci date dentro e non siete certo male’)…non erano certo queste le cose che vedevo nei miei sogni da rockstar quando avevo quindici anni ;-). Salto temporale di sette anni avanti e siamo tornati nel 2010 quando abbiamo concordato coi ragazzi dell’Arci Demos di suonare alla loro Festa di Fine Estate nel parchetto antistante la ex stazione di Talamona dove l’associazione ha la propria sede. Fungeremo da headliners e il concerto sarà una specie di presentazione del disco nuovo (anche se ormai uscito da cinque mesi).

 

TALAMONA (SO) – ARCI DEMOS, 18 settembre 2010

Se il buongiorno si vede dal mattino… piove infatti che dio la manda e continuerà così fino a sera inoltrata, per cui già dal primo pomeriggio vengo informato dal Bassman che il concerto si terrà nella saletta interna del locale (grande poco più del mio soggiorno) col suo palchetto di pochi metri quadrati. Vabbè, la solita sfiga del rock che qualcuno definirebbe alla Spinal Tap (storico film che vergognosamente non ho mai visto). Io ho appuntamento con l’Alex alle cinque pomeridiane a Morbegno, arrivo come mio solito qualche minuto prima e mi svacco in macchina nel parcheggio ad ascoltare le radiocronache della serie B (…); Alex arriva in pantaloni neri e camicia bianca un po’ alla Hanoi Rocks anni ottanta nelle intenzioni, decisamente da cameriere nei risultati! Carichiamo ampli e chitarra sulla mia Punto e dirigiamo verso Talamona (due minuti forse tre di strada) sostituendo sull’autoradio la serie cadetta col primo album dei Clash. Arriviamo mentre è in corso il soundcheck di uno dei gruppi indie-rock/pop che suoneranno prima di noi; sì, perché un po’ incautamente siamo stati abbinati a ben tre gruppi fautori di detto genere, uno locale, gli Antics (bravi e simpatici ragazzi, con cui condividevamo la sala prove a Berbenno) e due di fuori, i cuneesi Fuh e i milanesi Corni Petar (entrambi già un po’ troppo sul rockstarismo andante per i miei gusti). Il soundcheck è quello del gruppo milanese e si protrae per circa un’ora e mezza (non esagero), con noialtri seduti sul divano della saletta del diciamo così backstage, a cazzeggiare aspettando il nostro turno…l’inferno è il soundcheck di un gruppo indie italiano che prosegue all’infinito, adesso lo so, altro che diavoli col forcone e fiamme eterne… Tralascio la classica parte di cena, incontri vari con amici e amiche che non vedevo/vedevamo da secoli, ecc. ecc. Tralascio anche i concerti degli altri tre gruppi (vedo solo quello degli Antics, non quelli interminabili delle altre due bands) e passo direttamente al nostro: fuori non piove più, tira un vento boia e fa freddo, ma dentro con la saletta strapiena di gente (viste le dimensioni, sai che sforzo!) e i locali adiacenti idem, la temperatura diventa equatoriale e da svenimento! Dietro il tendone tirato (o la tendina, visto il palco minuscolo) cerco di rendere suonabile una batteria a pezzi tirando del fil di ferro per far stare in piedi il tom e il timpano, mi metto in pantaloncini corti e mi cingo la fronte con la solita bandana nera. Non è un vezzo, semplicemente è fondamentale per evitare quelle fastidiosissime gocce di sudore negli occhi mentre si suona, poi certo lo ammetto fa molto Hardcore anni ottanta e questo non mi dispiace di certo ;-) ; fra l’altro questa bandana che ho da ormai dieci anni proviene da uno scambio di regali che ci facemmo io e il Lorenzo (Renza, all’epoca uno dei chitarristi dei Gradinata) qualche giorno prima del Natale 2000: entrammo in un negozio morbegnese, io comprai una bandana blu, lui una nera, uscimmo, io gli diedi quella blu dicendogli “auguri Renza” e lui mi diede quella nera dicendomi “auguri Ciotto”. Intanto noto con orrore che il seggiolino è decisamente scomodo, per usare un eufemismo…probabilmente è un pezzo unico progettato dall’architetto Torquemada…! Si apre il sipario e noi partiamo con l’intro strumentale, “Pipeline”, un vecchio pezzo surf (primi anni sessanta) di tali Chantays, band americana, che noi riproponiamo nella versione Hanoi Rocks (forma e durata) / Johnny Thunders (esecuzione, specie quelle che il chitarrista italo-americano eseguiva completamente strafatto nei concerti precedenti la sua morte per overdose…), per poi sciorinare tutto il nostro set, per l’occasione e per i nostri standards decisamente lunghetto, visto che suoniamo tutto il nostro repertorio apparso sui dischi (quindi l’unica cover, intro a parte, è quella dei Manowar e questa sarà l’ultima volta che la proporremo live). Suoniamo decentemente, i kids apprezzano e gli ultras del Morbegno (di basket…) coreggiano a più non posso, cantando anche i loro inni fra un pezzo e l’altro. Fra l’altro il concerto viene registrato dal solito Lollo e apparirà quasi in toto su un disco live che uscirà l’anno dopo. Io verso la metà del set mi taglio un dito sul bordo del tom (cosa che so essere successa anche a gente come Lars Ulrich e Reed St.Mark, quindi me ne vanto!), mi fascio alla bellemeglio con un fazzoletto alla fine del pezzo e continuo fino alla fine, potendomi quindi bullare di aver registrato un disco live in queste condizioni! ;-) Come ritorno sul palco è andata anche bene, seppure la situazione casereccia/familiare mi porta a considerare il vero ritorno sulle scene il concerto che segue:

 

CREMONA – C.S.A. DORDONI, 31 ottobre 2010

Ci avevano chiesto in primavera se fossimo interessati a suonare di spalla agli Sham69, per intenderci è come se mi avessero chiesto se fossi interessato ad andare a letto con Catherine Zeta Jones e che c’era davvero la possibilità che ciò accadesse! Devo aver risposto a Cristian dell’Anfibio Records (l’autore della proposta) con le dita tremanti sulla tastiera del pc. Ci saremmo stati costi quel che costi, anche se avessi dovuto rapire il Papo al lavoro e far chiudere l’Eurospin mettendo dei topi morti nella vasca dei surgelati per liberare eventualmente l’Alex! …cristo, gli Sham69! Ero un ragazzino quando ho iniziato ad ascoltarli, ho canticchiato mille volte i loro ritornelli, vabbè che adesso alla voce non c’è più il mitologico Jimmy Pursey, però c’è sempre Dave Parsons alla chitarra (uno che ha suonato con Stiv Bators dei Dead Boys, tanto per capirci!) e comunque sono gli Sham69…voi non ci andreste a letto con Sharon Stone anche adesso nel 2010? Io sì e allo stesso modo non vedo l’ora di suonare con gli inglesi! Certo, loro non penso proprio vedano l’ora di suonare coi Gradinata (che manco sapranno che esistiamo), difatti si pensa ad una scena con questi quattro attempati signori inglesi al bancone del bar del Dordoni che con gesto grave fanno segno di abbassare il volume mentre stiamo suonando noi, commentando negativamente con pesante accento cockney la nostra musica! Dai, sarebbe normale, altro che quelli che si vantano di aver suonato col gran gruppo che li ha apprezzati. E cosa dovevano dirgli? Bella merda, adesso via che suoniamo noi?? Pure io nel mio piccolo sono salito su un palco complimentandomi col gruppo che aveva suonato prima, quando magari o non li avevo nemmeno guardati o se l’avevo fatto stavo lì a pensare “madonna, che palle! dai fate l’ultimo pezzo che poi suoniamo noi, ce la sbrighiamo in mezzora e ce ne andiamo da questo posto di merda che fa pure un freddo porco”. Comunque sia passo l’estate aspettando questa data come la sublimazione della mia “carriera” di “musicista”, ma il giorno prima del concerto mi telefona il Bassman e smonta tutto il mio entusiasmo: gli Sham hanno interrotto il tour europeo (in Belgio pare) e non vengono… la serata si farà ugualmente, headliners diventano i milanesi Rappresaglia (beh, pure loro li ascoltavo da ragazzino, ma non è proprio la stessa cosa), noi la spalla e prima suoneranno nell’ordine i Dillo Colle Pietre, The Pierce e Lester & The Landslide Ladies. Appuntamento nel primo pomeriggio a casa mia, duo da trasferta io+Alex, dato che il Papo arriva direttamente da Pavia, mentre i fratelli Bottà con le rispettive fidanzate sono partiti la mattina perché vogliono visitare la città e si fermeranno in loco a dormire rientrando solo il giorno dopo. Carico i miei pezzi di batteria sull’auto dell’Alex mentre diluvia stile acquazzone tropicale…pioverà a dirotto per tutto il viaggio e arrivati a Cremona al Dordoni vien sempre giù che dio la manda: visto che siamo al secondo concerto dello pseudo-tour e la pioggia non ci abbandona, suggerisco che in certe zone colpite da siccità cronica bisognerebbe organizzare dei concerti dei Gradinata… Io e l’Alex entriamo nel Dordoni e non conosciamo nessuno! I nostri compagni di gruppo sono in giro per Cremona e i nostri contatti sono momentaneamente assenti. Momento surreale con noi due in piedi al centro della sala che non sappiamo cosa fare di preciso, anche se Alex mi suggerisce che per attirare l’attenzione basterebbe un braccio teso, visto l’ambiente tendenzialmente S.h.a.r.p. (skinheads against racial prejudices, per i profani/e), certo verremmo riempiti di botte ma almeno qualcuno ci avrebbe notato! Ora, chiaramente questa era una battuta, lo dico prima che qualche pirla salti su a darci o a darmi del fascio (“fascio ammè?!?”, citando ancora una volta il compianto grandissimo Mario Brega). Capita e capitava anche questo, certe volte in certi ambienti l’ironia non si capisce o non viene vista di buon occhio su certe tematiche, spesso fra l’altro da elementi che, come disse una volta il Petralia, nei giorni con la erre sono s.h.a.r.p. e in quelli senza diventano naziskin… Ricordo che nel 2001 ci giunse una proposta per suonare in un c.s.a. (di cui non faccio il nome) assieme ai nostri amici Rebelde, solo che gli organizzatori, nonostante le assicurazioni a riguardo fatte dai Rebelde stessi, volevano controllare i nostri testi e pretendevano che glieli mandassimo, evidentemente temendo fossimo destrorsi o ambigui. Io volevo tradurre in italiano alcuni fra i testi più politicamente scorretti di gruppi tipo Skrewdriver e No Remorse e mandare quelli, ma venni trattenuto dagli altri che mi dissero che l’ironia della cosa non si sarebbe certo capita o comunque non sarebbe stata apprezzata! Ah, non mandammo nulla e non facemmo la data, chiaro. Già che siamo in tema, i Gradinata non si sono mai schierati con nessuno, ma è ovvio che tutti e cinque consideriamo il razzismo come una puttanata immane e senza senso (uso termini comprensibili a chiunque, visti i mononeuronici che ci sono in giro…). D’altra parte il mondo, si sa, si divide in due categorie: brave persone e persone di merda…se bastasse il colore o la provenienza a differenziarle sarebbe tutto più facile… Ovviamente non abbiamo mai suonato e mai lo faremo in concerti organizzati dall’area di destra, ferma restando comunque la nostra avversione anche verso l’area cosiddetta catto-comunista (che schifo…avrebbe da tornà Baffone, artrochè!). Torniamo a Cremona in quell’umida serata, finalmente arriva Cristian (Anfibio Records) e lo conosco di persona (l’avevo in effetti già visto col suo banchetto ad altri concerti nel corso degli anni), chiacchiereremo un bel po’ sia nel pre che nel post concerto, idem con Filippo (Marchiato A Fuoco Records). Arrivano anche Bassman e Andrè con Chiara e Giulia (uhm, sembra tratto da un necrologio, al posto del ‘con’ mettiamoci un ‘assieme a’, và!) e infine Papo & signora, accompagnati da alcuni amici/amiche della Bassa fra cui spicca il RomeGianluca (l’Adriano Celentano morbegnese, ex Mamma Pus e Gotcha!, da qualche anno sposato e residente nell’alessandrino, e che ha anche cantato una strofa in un pezzo del nostro album). Degno di nota anche il marito della sorella della moglie del Papo, clamoroso sosia pressoché totale dell’attore inglese che interpreta Rod nel film “The football factory”. Salgono sul palco i Dillo Colle Pietre, giovane band bresciana, Oi!-core decisamente sharpeggiante con bandiere e slogans vari. Not my cup of tea. Mi perdo i piacentini The Pierce (credo facciano pop-punk-rock) e mi spiace perché li avevamo conosciuti nel pre-concerto e sono dei ragazzi simpatici e alla mano, ma durante il loro set eravamo in un bar lì vicino (al Dordoni non fanno il caffè! Unica pecca di un posto tenuto e organizzato decisamente bene) e io stavo intrattenendomi con la simpatica padrona/barista dall’età fra i settanta e gli ottanta…’I bet she was pretty pretty once’, come cantavano i Dogs D’Amour. Rientriamo ed è la volta di Lester e le sue ladies, anche loro conosciuti poco prima e anche loro bravi cristi e persone alla mano. Lester è il vero rocker emiliano (altro che il Liga!), un rockettaro che invece di nascere nel 1955 a New York e di vivere e suonare lì a fine anni settanta, per errore è nato nei primi 80’s a Modena ed è lì che gli tocca rockeggiare. Le ladies in realtà sono quattro omaccioni fra cui spicca il Gallo (ex By All Means) a una delle due chitarre. Fanno un bel glam-rock-punk suonato benone e col Lester ottimo frontman, di sbagliato ci sono solo la nazione e il decennio! Tocca a noi: il palco è decisamente grande (qui in effetti passano tours mica da ridere) e la strumentazione decisamente buona (finamai per dei manovali del rock come noi). Avevo ragione, è questo il primo vero concerto di ritorno: risento vecchie sensazioni dopo anni, quel pizzicorino che precede il momento di cominciare il set, quel lieve tremolio mentre fisso i piatti. Guardo Alex vestito come un Joe Perry (Aerosmith) alla Sagra Della Gallina di San Bello in Valtellina e mi basta un cenno d’intesa per capire che sta provando anche lui le stesse cose, come in effetti mi confermerà poi a fine serata. Io e Alex dopo centinaia di concerti (suoniamo assieme in vari gruppi sin dal ’93!) ancora non riusciamo l’uno ad andare perfettamente a tempo con l’altro, ma abbiamo sviluppato quell’intesa tipica di marito e moglie ultra-settantenni che ormai stanno insieme per inerzia, ma che tutto sommato si vogliono bene e si capiscono al volo fra di loro. Per un momento e anche di più ci è sembrato di essere ancora nei primissimi anni duemila e in effetti personalmente ci metto pure gli sms pre e post concerto di broccolamento da me eseguito verso ragazza delle mie lande, ovviamente non andato poi a buon fine come spesso già succedeva in quegli anni ormai lontani, appunto… Partiamo e suoniamo abbastanza bene, noto con piacere che qualcuno fra il pubblico canticchia i ritornelli dei pezzi nuovi, ma è prevedibilmente con le nostre due “hits” che si crea un discreto scompiglio sotto palco. Mi rimarrà per sempre impressa nella memoria la sciarpata di sciarpe ultras durante “Italia ultrà”, soprattutto quella dei supporters del Sassuolo (!!!) che è immortalata in primo piano in una foto di quel momento. Lasciamo il palco ai Rappresaglia, anche loro conosciuti quella sera, persone davvero a modo: avevo sentito voci negative su di loro, voci rivelatesi decisamente infondate e meno male, dato che adoro alla follia le loro prime cose (pezzi tipo “Attack” o “Oltre la porta”, di cui con gli Eternit facevamo la cover a fine 90’s: Ricio, cantante/chitarrista e membro fondatore se ne stupirà piacevolmente quando Alex lo informerà della cosa), quelle più hardcore (anche se “Oltre…” è più un ballad che un pezzo hc). Cedo la batteria a Mauro Florean, batterista professionista nonchè persona gentilissima e coi piedi per terra (imparassero da gente così certi cretini che si credono dei in terra solo per aver fatto qualche disco e per saper suonare benino uno strumento); questo ha suonato, oltre che con gli storici Silver Surfers (garage band milanese di fine anni ottanta che, se non ricordo male, una volta nella notte dei tempi vidi anche dal vivo), con gente di un certo livello tipo Kim Brown (quello di Kim & The Cadillacs, fra l’altro deceduto di recente), Andy J. Forest, Greg Trooper, Tabby Thomas, Jonny Kaplan, ecc.ecc. e pure per “Le Iene” (il programma tv), per cui io mi congedo dicendogli: “beh, per me è come essere andato in scena prima di Rocco Siffredi!”. Adesso i Rappresaglia si sono spostati sul punk-rock di marca piuttosto ’77 e tirano in piedi un bel concertone, scatenando danze selvagge ed allegre (e non “di guerra” come suggeriva il titolo di un loro 7” anni ottanta) con gente che canta i cori e tutto il campionario solito del “pit”. Alla fine ci intratteniamo un po’ con gli astanti, fra cui ricordo un tipo molto simpatico con una macchinetta per produrre spillette sul momento (da noi sfruttato ampiamente per spille recanti frasi di vario tenore! Io esagero facendomi fare un disegno per una spilla da una ragazza di LaSpezia, disegnatrice di professione o giù di lì, in cambio di un nostro cd), riceviamo il rimborso, vendiamo qualche cd e qualche maglietta, e infine io e Alex salutiamo la compagnia per rientrare alle rispettive case con un viaggio di ritorno rigorosamente ed implacabilmente sotto una pioggia battente… That’s rock’n’roll, baby!

 

ARCORE (MI) – ARCI BLOB, 11 dicembre 2010

Almeno questa volta non piove. Ritorniamo a suonare in questo circolo Arci dopo più di dieci anni…citando ed adattando proprio un nostro pezzo “ti ricordi dieci e più anni fa, un’altra volta ad Arcore a sonà” (rima romanesca obbligata per rimare con ‘fa’…). Dà un po’ l’idea del cerchio che si chiude, ma anche della dimensione del gruppo, piccola…molto piccola…pure troppo! La serata è organizzata dai ragazzi (oddio ragazzi, alcuni di loro sono più vecchi di noi) dei Guilty Bastards, Oi! band brianzola con cui i fratelli Bottà sono venuti in contatto tramite Myspace, che oltre a noi hanno invitato alcuni altri gruppi fra le loro conoscenze. Partiamo come al solito in ordine sparso: Papo & Laura ovviamente da Pavia, io, Alex e Andrè con la mia Punto stracarica fra ampli, pezzi di batteria, cd e merchandising vario (B.J. si farà tutto il viaggio col suo basso in grembo), il Bassman in solitaria più tardi causa impegni lavorativi. Troviamo il posto con meno difficoltà rispetto a quella sera di maggio del 2000 (ah, ricordo che allora pioveva, e figurarsi!), parcheggiamo e scarichiamo in una serata neanche troppo fredda. Entro nel locale e provo la solita strana sensazione che si ha quando ritorni in un posto dopo molti anni, anche se non così forte come quando qualche mese fa sono tornato in Irlanda vent’anni dopo. Soprattutto, però, ma sono già passati dieci anni?? Intanto arrivano anche gli altri, ricordo che nel 2000 eravamo scesi in tanti da quassù (suonavamo noi con gli Unabomber, band hardcore morbegnese sciolta da anni, per cui fra loro e i vari amici delle due bands eravamo davvero in molti), ora siamo solo noi cinque con la sola Laura (moglie del Papo) come seguito…velo di tristezza, complice anche la serata dicembrina nella desolata pianura brianzola. Decido di scacciare la malinconia coinvolgendo l’Alex come mio compagno portiere/difesa in una serie di sfide a calcetto (da tavolo, il cosiddetto biliardino) coi presenti delle varie bands e dei loro entourages: ne perderemo solo una su sei e quando sfideremo di nuovo i due che ci avevano battuto li sommergeremo di gol! …beh, sì, io in mancanza di meglio mi diverto così ;-) Nel frattempo scorgo con la coda dell’occhio alcuni episodi di nonnismo verso Andrè ad opera del duo Papo/Bassman! Di gente non ne arriva molta, c’è il solito problema milanese dei vari concerti concomitanti e del pubblico che si frammenta qua e là, e c’è anche il fatto che fra tutti non siamo certo gruppi di grido che richiamino folle oceaniche, anzi! Iniziano i concerti, partono i Rakuen, band brianzola di alternative-core (cito la definizione dal manifesto della serata), bravi, ma, come potete immaginare, il genere mi manda diretto al bagno con un paio di rotoli di carta igienica per buona misura! Poi penso abbiano suonato i Pubblico Oltraggio (street-punk brianzolo), dico penso perché stavo cenando nell’altra sala. Gli astigiani Uprising Punx hanno dato buca, quindi salgono come terzi i Guilty Bastards col loro buon Oi!/streetpunk e il cantante sardo, con tanto di sciarpa degli Sconvolts Cagliari, che aizza i kids sottopalco. Tocca poi ai Kattiva Reputazione, street-punkers lecchesi, che non sono mica male, e poi sono pure miei coprovinciali, quindi a fine serata vado a scambiare un cd nostro con uno loro per la mia collezione. Salgono quindi gli Ultima Ripresa, Oi! torinese col concept della boxe (trovate la recensione del loro promo più avanti nella ‘zine), che fanno un bel set duro e potente. Infine tocca a noi, gli headliners della serata (e ‘sti cazzi, direbbe qualcuno)… Suoniamo così così davanti a pochissima gente, fra cui i Guilty Bastards che ci supportano da bravi padroni di casa e qualche kid isolato che canta un coro ogni tanto. Come al solito quando facciamo “Italia ultrà” e “Il calcio è una cosa seria” il sottopalco si riempie (in questo caso vuol dire una decina di persone, delle venti presenti!) e a me viene in mente Lemmy dei Motorhead quando nella sua biografia dice che da loro il 99% della gente vuole sentire solo “Ace of spades” e pure a me, come a lui, viene da dire “ehi ragazzi, sapete che abbiamo fatto anche altri pezzi dopo?”, ma tant’è, se capita a loro figurarsi a cinque stronzi come noi. Finiamo, a me e Alex resta il tempo per quattro graditissime chiacchiere con Riccardo, un mio corrispondente brianzolo da anni che incidentalmente non avevo mai incontrato di persona e che ci aiuta come roadie a caricare la nostra mercanzia sulla mia Punto. Andrè ritornerà in su col fratello, per cui io e l’Alex nel solito inscindibile duo ripartiamo dal paese del Berlusca (ah bè, certo, niente ‘gare di burlesque’ all’Arci Blob quella sera, purtroppo…) e, lasciandoci alle spalle quelle desolate lande su cui sta anche scendendo un principio di nebbietta, facciamo ritorno al lago (io) e alle montagne (Alex). Sfangata anche questa, và!

 

MILANO – ARCI LO-FI, 5 gennaio 2011

Ci chiama Corrado (bassista dei Port Of Souls, la band del Valentini), uno dei “boss” del locale, e noi ci siamo! Il Lo-Fi è appena nato, credo che questo sia il secondo concerto che viene organizzato lì. Nei mesi a venire passerà da questo posto una serie di bands da paura (G.B.H., Eyehategod, Avengers, D.R.I., Varukers, Antiseen, Dayglo Abortions, Unbroken, Wino dei Saint Vitus, Slapshot, Exhumed, Slaughter & The Dogs, Negative Approach, Statuto, Angelic Upstarts, Fleshtones, Hard-Ons, Down By Law, e pure i Krisma, sì, proprio il duo milanese anni 70/80, quelli di ‘Aurora B.’), quindi per quello che vale (cioè nulla) sono contento di aver calcato lo stesso palco addirittura prima di loro. Dopo il pomeriggio lavorativo (in cui rischio di fare il bagno nel lago durante le operazioni di recupero di un manufatto in cemento e polistirolo finito in acqua e spinto al largo dal vento, ma questa, come si dice, è un’altra storia) ho appuntamento con l’Alex (destino immutabile ed inesorabile) verso le 18.00; stavolta tocca a lui prendere la macchina. Bassman e Andrè sono già scesi nel capoluogo un’oretta prima, Papo e consorte sono naturalmente in arrivo da Pavia. Il nostro viaggio si svolge in totale tranquillità, troviamo il posto facilmente grazie alla google map scaricata da internet e previdentemente stampata. Il Lo-Fi è in zona Milano Sud e qui Alex mi sorprende quando, nella zona delle vie coi nomi ispirati all’impero romano, mi cita nomi, luoghi e battaglie sciorinando una cultura mica da ridere (io è già tanto se so chi era Giulio Cesare e forse solo per l’assonanza con Julio Cesar, il portiere dell’Inter!). Il locale è all’interno di un capannone nella zona industriale, perdonate eventuali castronerie, ma era buio pesto quando siamo arrivati, figurarsi poi quando ce ne siamo andati. E’ proprio nuovo, nel senso che è tutto di recente costruzione/assemblaggio, per cui la sensazione è strana, non è il classico locale o centro sociale a cui siamo abituati. C’è il problema dell’acustica che è decisamente pessima, non tanto sul palco, che ci sentivamo tutti benone, quanto dal pubblico (me ne renderò conto personalmente quando suonerà l’altro gruppo); so che comunque nel tempo il problema è stato poi eliminato. Ricevuti da Corrado e dai ragazzi del mixer, gentilissimi, avremo poi modo di consumare una cena mica male; insomma, ci trattano decisamente bene, e nel frattempo arriva il nostro pigmalione Valentini accompagnato dalla moglie Ginevra (grande fan di noi Gradinata) in dolce attesa. Altra coppia presente è quella Francesca “M” (un nome sicuramente noto a lettori/lettrici delle ‘Nessuno Schema’ anni novanta) / Davide (se ricordo bene il nome del compagno della nostra conterranea). C’è anche il mitico Piotr, già incontrato ad Arcore. Intanto abbiamo avuto modo di conoscere l’altro gruppo, gli Skinny Bah, garage-folk-punk-enonsolo milanese, capitanati da un simpatico cantante di origine romana (anzi, simpaticissimo dato che sul palco sfoggerà una maglietta dei Gradinata!) e con un pittoresco corista/figurante (dedito anche a kazoo e strumenti simili) che si dice essere un noto pubblicitario di alto profilo che pare abbia firmato parecchie pubblicità televisive negli anni novanta oltre ad aver curato alcune campagne per multinazionali giganti. Gente ne arriva pochina, un po’ perchè la serata è stata organizzata solo da pochi giorni, un po’ perché siamo ancora nelle feste e tanti sono via o preferiscono fare altro, un po’ soprattutto perché noi di gente non ne attiriamo molta in genere, figurarsi a Milano (città da sempre ostica nei nostri confronti). Iniziano gli Skinny Bah che, acustica a parte, fanno un bel concerto, divertente e coinvolgente, anche se il pubblico rimane piuttosto freddino. La situazione non cambierà con noi, che suoniamo piuttosto bene, ma con la prima fila di persone (delle trenta presenti) ad almeno sei metri dal palco. Nemmeno le solite due “hits” riescono a smuovere qualcuno. Vedo ogni tanto qualche persona isolata che timidamente canta qualche coro, o meglio muove le labbra a sussurrarlo per sè. Almeno c’è la Ginevra che segue il concerto con un sorriso perenne e canticchiando pressoché tutti i ritornelli, per cui il nostro set è idealmente dedicato interamente a lei. Il marito Valentini al suo fianco invece rimane immobile e con lo sguardo truce, ma alla fine mi dirà che ha apprezzato moltissimo e che la sua espressione del caso è quella ;-) Resta il tempo per le solite quattro chiacchiere coi vari presenti, per ricevere il rimborso, per riuscire a piazzare qualche cd e un paio di t-shirts, insomma la parte finale di mille serate come questa. E vi risparmio la parte sul consueto rientro notturno del duo sottoscritto-Alex, basta fare un copia & incolla con quella del concerto precedente! ;-)

 

ARESE (MI) – S.G.A. , 26 febbraio 2011

S.G.A. sta per Spazio Giovani Autogestito, se mai ve lo stiate chiedendo. E in effetti sono decisamente giovani i ragazzi che ci contattano per suonare a questa serata. Io allo S.g.a. c’ero stato una sola volta, nell’estate del 2001 per un festival con parecchi gruppi hardcore italiani ed esteri, di cui non ricordo un nome che sia uno, forse anche perché avevo passato l’intera serata fuori dal centro (dentro si moriva dal caldo) a parlare di calcio e ultras col bergamasco Carletto e il termolese Manes (personaggi che chi bazzicava la scena all’epoca sicuramente ricorderà). Particolarità di questo posto è l’essere sito nella Via Privata Alfa Romeo (vi ricordate lo storico stabilimento Alfa Romeo di Arese chiuso definitivamente a metà anni novanta?). Stavolta c’è una piccola variazione sul programma consueto, infatti all’eterno duo io-Alex si aggiungerà l’Enus, per cui d’obbligo la citazione dei Turbonegro adattata all’occasione: Rendezvous with Enus. Il quale si è unito a noi come roadie, attratto dalla prospettiva di donne facili paventatagli furbescamente dall’Alex. Beh, esseri femminili nella cucina/bar dello S.g.a. ce ne sono e sono pure delle ragazzine carinissime, non so però se siano facili, anche perchè potrebbero essere nostre figlie e vista la loro età molto bassa non avremmo neanche dovuto essere dei padri troppo precoci! Quindi l’Enus si dovrà accontentare di scaricare e caricare strumenti e mercanzia varia e di scambiare qualche parola con alcuni elementi rigorosamente maschili che incontreremo sul posto. Arriviamo e i nostri compagni di gruppo con le rispettive signore (Andrè a parte, che come al solito quando è da solo sarà oggetto di atti di nonnismo da parte del duo Papo/Bassman) non ci sono, sono infatti andati a mangiare qualcosa fuori, dato che qui la cena è prevista sul tardi; ne usufruiremo noi tre, mangiandoci una discreta pastasciutta. Anche questa serata soffre della concomitanza di altre in zona, ma un po’ di gente arriva comunque. Le danze sono aperte dai Brutti E Ignoranti, Oi! band dell’hinterland milanese, molto attivi a livello di concerti e uscite discografiche nonostante la formazione piuttosto recente (2008). Qualcuno me ne aveva parlato come dei nuovi Billy Boy E La Sua Banda…beh, non sono male, ma i piacentini erano tutta un’altra storia! Fra l’altro, a dimostrazione di ciò che ho appena scritto, la cover dei Billy Boy che fanno è “Col cazzo che te la do gratis (birra gratis per gli skins)”, che è uno dei pezzi/testi meno riusciti della band di Piacenza, non certo perle come “Il nano sodomita”, “Angeli con le chiappe sporche” o “Scarpe chiuse no remorse”. I Brutti E Ignoranti comunque tengono decisamente fede al loro nome, specie la seconda parte ;-) , e quando il cantante sale sulla cassa della batteria e declama ‘il prossimo pezzo si chiama “Pisellone”, dedicato…a me! che c’ho sotto una mazza così’ (mimando delle dimensioni falliche ciclopiche), beh, allora penso che tutto sommato ne sia valsa la pena di venire fin qui nell’immensa area industriale dell’hinterland milanese in una fredda notte di fine inverno ;-) E alla fine il loro set è divertente e coinvolgente, dai! Loro sono una delle bands della nuova generazione Oi!, quei ragazzi che hanno ascoltato i Gradinata (e avranno detto ‘cazzo, che merda!’…oppure gli siamo anche piaciuti, non si sa mai) come noi avevamo ascoltato le bands della generazione prima di noi, quella dei 90’s, i vari Fuori Controllo, F.F.D., Colonna Infame, Los Fastidios, Erode, Billy Boy, ecc. con la differenza che noi eravamo già verso i trenta all’epoca della fondazione dei Gradinata e quindi coetanei o giù di lì rispetto ai componenti di queste bands, i gruppi nuovi adesso invece sono composti perlopiù da ragazzi molto giovani, gente che ai tempi dei primi Gradinata Nord aveva sì e no quattordici anni! (non mi riferisco necessariamente ai Brutti E Ignoranti, sto parlando in genere, è una riflessione che mi è venuta sul momento). Tocca ai Sick Dogs di Vigevano. Mi ricordo che di loro avevamo un 7” in distribuzione più di dieci anni fa (giusto Rocco?), per cui sono in giro da un bel po’. Bel set, tirato e quadrato, con la batterista bella precisa e il magnetico cantante che è un po’ il Mino Raiola del punk-rock. Di loro è da vedere sul web il video di “La tua vita non vale un cazzo”, decisamente meritevole! A fine serata io e l’Alex scambieremo qualche parola con chitarrista e batterista del gruppo, persone a modo e simpatiche. Saliamo noi: io, eccezionalmente, suono senza bandana per la prima volta dopo secoli causa dimenticanza a casa del fazzolettaccio in questione. Per fortuna fa abbastanza freddo, ma mi impongo comunque uno stile alla Kraftwerk, cioè con movenze ridotte al minimo e quasi robotiche per evitare di sudare troppo. Suoniamo decentemente, il ragazzino che ci aveva chiamati canta quasi tutti i pezzi a memoria, mentre un paio di ragazzi più cresciuti abbozza qualche danza facendo i cori sui nostri due “classici”. Uno di questi (spezzino trasferitosi a Milano) è un pazzo che nel post-concerto dirà a me e all’Alex, dopo aver appreso della nostra passata militanza negli Eternit, che detto gruppo “era una delle migliori bands italiane di hardcore melodico degli anni novanta”. La risposta più logica e veritiera gliela dà l’Alex: “guarda che ti stai confondendo di sicuro con un altro gruppo”. Sbrighiamo la pratica-concerto in mezzora tagliando un paio di pezzi dopo la proposta di accorciare le rispettive scalette, vista l’ora ormai tarda, da parte degli headliners, i Rotten BOi!s di Parma, street-punk/oi! band attiva da una quindicina di anni ormai. Poi gli headliners in questione suoneranno un set di trenta e passa pezzi, fra cui parecchie covers (beh, magari la scaletta originale ne prevedeva cinquanta, che ne so io?)… Per il finale di serata fate il solito copia & incolla coi due che precedono questo report, aggiungendoci la presenza dell’Enus, và! E la trilogia milanese del “tour” è completata!

 

PADOVA – C.S.O. PEDRO, PATAVIUM RUDE FEST 2.0, 7 maggio 2011

La trasferta veneta è una vera e propria operazione blitzkrieg: partenza dalle nostre lande alle sedici di quel sabato, quattro ore di viaggio, quattro ore di stazionamento a Padova per suonare e poco altro, altre quattro per tornare a casa alle, appunto, quattro di domenica mattina. Protagonisti sul Kangoo del Bassman: lui, io, Alex e Andrè. Naturalmente Papo e Laura, come ormai vi sarete stufati/e di leggere, arrivano da Pavia. Il furgoncino, fra strumenti e merchandise vario, è praticamente caricato con WinZip (rubo la battuta informatica a Borys Catelani), pochissimi i centimetri quadrati rimasti liberi! Pomeriggio primaverile decisamente caldo, viaggio tranquillissimo: io e Andy dietro a parlare di vecchi gruppi e concerti hardcore di anni passati, Bassman e Alex davanti a parlare di qualcos’altro, con qualche sporadico momento di conversazione a quattro. Poco traffico, solite soste agli autogrill, e infine i Colli Euganei che segnalano l’imminente arrivo nel padovano. Trovare il Pedro è decisamente facile (ricordo ricerche passate in altre città di posti talmente imboscati che nemmeno con un radar…!), parcheggiamo e notiamo un buon numero di teste rasate e di giovani ribelli in genere. Io vorrei chiedere con fare innocente “scusi, lei è di destra?” ad un gigantesco e muscolosissimo skinhead abbigliato con una maglietta antifascista, ma i miei compagni di gruppo mi ricordano che queste spiritosaggini non vengono mai apprezzate dagli interessati, anzi, per cui evito ;-). Veniamo ricevuti dal disponibilissimo Bruno degli Assalto (band Oi!-core locale), cioè colui che ci ha chiamato, e stringiamo anche altre mani di persone i cui nomi al momento, loro mi perdonino, non ricordo più (sto scrivendo parecchi mesi dopo, va detto a mia discolpa). Ci viene detto di portare la nostra mercanzia dietro il palco e noi, con l’abitudine di chi per secoli è stato relegato ad ammassare chitarre et similia negli angoli più assurdi e disparati, piazziamo tutto sul palco, in fondo; prontamente Bruno e i suoi amici accorrono a dirci che è nel backstage che dobbiamo andare, non lì come dei poveracci! …il backstage! Come i gruppi veri! Ma allora esiste davvero! Coi divanetti, il frigorifero zeppo di bevande di ogni genere, alcooliche e non, e, purtroppo, anche un componente dei tedeschi Produzenten Der Froide che dorme pesantemente su un ammasso di giacche e sacchi a pelo arrotolati… Comunque, ok, qualche backstage in vita mia l’ho frequentato, ma mai come suonatore, per cui noi saremmo già a posto così e potremmo anche tornarcene a casa adesso ;-). Solo che è arrivato il momento di cenare e allora decidiamo di restare…l’ospitalità non si rifiuta mai, porta male (come diceva in “Fracchia contro Dracula” Ania Pieroni, già amante di Bettino Craxi). E un’altra citazione villaggiana me la offre l’Alex quando, alla consegna del suo piatto di cous-cous vegetariano, risponde alla ragazza della cucina “eh ma io volevo la carne”, come Fantozzi in mensa dopo l’allenamento ciclistico. Ceniamo ad un tavolo esterno assieme a dei ragazzi/e di Genova e a Giorgio “Dickhead” (il soprannome se l’è dato da solo, eh!), ex abitante del morbegnese, trasferitosi in Toscana qualche anno fa e giunto fin qui in solitaria trasferta ferroviaria (sarà ospitato da un ragazzo che arriverà dopo, un perfetto esempio di integrazione: palestinese cresciuto in Veneto e che parla con accento locale sparando bestemmie da competizione!). All’interno i tedeschi stanno facendo i suoni e mi spiace sapere che suoneranno per ultimi, dato che noi scapperemo poco dopo aver suonato, perchè la band di Stoccarda fa un Oi! di una potenza devastante col cantato in lingua madre che gli dona un tocco di marzialità davvero notevole. Mi perderò pure i Basta, la Oi! band toscana degli anni ottanta riformatasi di recente, anche se berrò un caffè alla macchinetta (stile Camera Café) assieme ad un loro componente che dall’aspetto contava abbastanza primavere da poter essere uno dei membri originali: chissà se ha immaginato quante volte negli anni il sottoscritto si è ritrovato a cantare in solitaria come un cretino “nessun pudore di essere un punk, nessun pudore di essere uno skin…” (sbagliando per lungo tempo dicendo ‘mod’ al posto di ‘punk’, peraltro). Beh, dovevo tirarmi dietro la mia copia del loro 7” dell’83 che me la facevo autografare…scherzo, và! Nel frattempo arrivano anche i coniugi Papini e sul palco iniziano le danze: primi sono gli Assalto che offrono un bell’Oi!-core quadrato e potente con tanto di cover di ‘Droga arma del potere’ dei Rip Off (band bolognese dei primissimi anni ottanta, anche un po’ ambigua politicamente, ma meglio non andarlo a dire allo skinheadone di cui sopra, eheh!). Seguono i Banditi di Venezia, il cui cantante ha una notevole somiglianza con Paolo Hendel, che fanno un discreto Oi! di marca un po’ italo e un po’ britannica. Poi tocca a noi: il palco è piuttosto grande e ci saliamo per la prima volta (senza soundcheck, il suono ce lo aggiusteranno sull’intro, bravi e gentili mixerista e fonici vari) direttamente dal backstage (uno dei miei sogni da rockstar di quando avevo tredici anni, cioè entrare in scena dai camerini praticamente, l’ho finalmente realizzato!). Facciamo un discreto concerto davanti a un buon numero di persone, di cui parecchie fanno i cori, anche sui pezzi più nuovi finalmente. A chi può interessare su Youtube c’è il video del nostro ultimo brano, il bis di “Italia ultrà” richiesto a gran voce da, boh, due o tre persone (c’era spazio per un’altra canzone, quindi…). Non ne offriamo una gran versione, ma è il classico scazzo che si ha quando suoni lo stesso pezzo per la seconda volta nel giro di dieci minuti… www.youtube.com/watch?v=A-h0fn2Xncw Ah, certo, nonostante non mi si veda, là dietro ci sono anch’io! Dopo di noi salgono i Los Fastidios di cui seguo un paio di pezzi mentre gli altri gradinati stanno raccattando le proprie cose per il ritorno; a me i Fastidios piacciono solo nel periodo in cui avevano i due Derozer in formazione, prima e dopo non mi hanno mai detto granchè. Riceviamo il rimborso dalle mani di Bruno (che mi perdonerà per quel mio errore marchiano…lui sa!) e ci sciroppiamo le quattro ore del ritorno in notturna: stavolta davanti ci sono io a tener sveglio il Bassman con argomenti a 360°. Io sarò anche il primo a scendere, ma gli altri arriveranno comunque alle rispettive abitazioni anche senza la mia “navigazione” e il tour di “Valtellina boyz” si chiude “trionfalmente” così!

 

NEVER TRUST A INDIE MINI-TOUR 2012

Nell’autunno del 2011 il Bassman decide di tradurre in realtà quello che da sempre è un suo pallino, cioè un disco dal vivo. Coinvolti come sempre il sottoscritto e la manodopera, cioè il Lollo come fonico e il Buzzo come grafico, nel tempo record di un mese e mezzo abbiamo il cd fra le mani. Alla fine abbiamo optato non tanto per un disco live vero e proprio, quanto per una raccolta di quasi settanta minuti (venduta al popolarissimo prezzo di 5,00 euro inizialmente; adesso le ultime copie le diamo via a 2,00 cad. …approfittatene!) contenente la ristampa rimasterizzata del nostro lato dello split coi Rebelde del 2002, undici pezzi dal concerto di Talamona del 2010 (di cui ho scritto prima), più un paio di testimonianze della preistoria della band: sei brani da un concerto della primavera 2000 ed addirittura uno dal primissimo concerto del gennaio ’00. All’interno parecchie foto d’epoca e non, manifestini, ecc. Titolo e copertina (idee del Bassman) sono ispirati al celeberrimo “Never trust a hippy”, un disco live dei Sex Pistols. Abbiamo quindi ripreso la copertina di quell’album usando gli stessi colori e caratteri e ovviamente mettendoci una nostra foto (dal live al Lo-Fi di Milano, vedi più sopra). “Never trust a indie”, cioè più o meno ‘mai fidarsi di un indie’ (un titolo che si rivelerà poi profetico…), è rivolto a quei gruppi (e alle persone che ci suonano e/o ci girano attorno) che vanno di moda adesso negli ambienti underground e non solo, generalmente indicati come indie-rock (o pop). Musica/attitudine/immagine che ha il potere di trasportarmi/ci di volata al cesso… Ah, ovviamente autoproduzione BaCio Records! Fra le mille difficoltà (personali di tutti, oltre che del gruppo) di questo (per me) maledetto 2012 siamo riusciti ad essere presenti alle due serate che seguono. Da lì l’ovvia ed ovviamente ironica definizione di mini-tour!

 

MORBEGNO (SO) – COLONIA FLUVIALE, MORBOROCK III, 26 maggio 2012

Sarebbe stato il ritorno dei Gradinata Nord dal vivo a Morbegno City dopo ben dodici anni. Dico sarebbe stato perché, beh, in realtà non abbiamo suonato (cosa che fra l’altro avremmo fatto completamente gratis). Diciamo per via di alcune incomprensioni con gli organizzatori. Come disse Johnny Rotten: Ever get the feeling you’ve been cheated?

 

TORINO – UNITED CLUB, 2 giugno 2012

Questa data, almeno per il sottoscritto, è roba grossa. Insomma, ci chiama lo Spesso in persona (figura storica torinese, cito El Paso, Radio Black Out, GramLive, ecc. e fede granata che non guasta di certo!) dichiarandosi nostro fan, suoniamo di spalla ai Nabat, gruppo senza il quale probabilmente i Gradinata non sarebbero nemmeno mai nati (e che sono una delle mie bands preferite), in un posto sul cui palco sono passati, per rimanere agli ultimi due anni, Fuzztones, Pretty Boy Floyd, Business, Lords Of Altamont, D.O.A., Pretty Things (quelli anni ’60 contemporanei dei Rolling Stones!!), Abrasive Wheels, Fleshtones, Queers, Malevolent Creation, John Plain (The Boys), Real McKenzies, Accüsed, Rikk Agnew (Adolescents, Christian Death, ecc.), Eddie & The Hot Rods, Cynics, Tigertailz, Master, Deniz Tek (Radio Birdman) …(e mi sto limitando a gruppi/solisti che piacciono a me!), non so voi, ma a me, da buon provinciale che sono, non è un tipo di serata che capita spesso (quella di suonare sullo stesso palco dove han suonato molti dei miei eroi di gioventù e di meno-gioventù!). E poi, in un anno devastante come questo, una serata così è una di quelle pochissime oasi nel deserto che ogni tanto si presentano ad alleviare le incazzature e lo schifo di un 2012 da incubo (come dissi appunto ad una tipa una sera di recente: ‘tu sei una perla sopra un mare di merda’…dai ragazze che leggete, qualcuno vi ha mai detto una frase così romantica ;-) ?). E anche per il gruppo, dopo la non piacevole esperienza del sabato precedente, ci vuole un concerto come si deve, in un posto come si deve, con gente come si deve. Inizialmente avremmo dovuto fare questa data torinese già ad aprile come spalla degli inglesi Last Resort (la storica Oi! band londinese il cui primo album è datato 1982) del singer Millwall Roi Pearce, ma a seguito della rimandata a data da destinarsi calata in Italia del gruppo in questione, siamo stati poi abbinati ai Nabat a giugno. Molto meglio così, però mi sarebbe piaciuto suonare coi ‘Resort solo per avvicinare il truce Roi e dirgli in maniera compita: “sa mister Pearce, pure io sono un supporter del suo Millwall” (ovviamente nel mio inglese orrendo) ;-) …sarà per un’altra volta, và! (nota: il Millwall è davvero la squadra inglese per cui tifo, e dal 1985 per la cronaca). Back in june: i Bottà Brothers hanno deciso di fermarsi a Torino per la notte con le rispettive signore, idem dicasi per Papo & Laura. Stavolta eccezionalmente si scinde il duo sottoscritto-Alex, in quanto il secondo lavora fino alle 18 (nonostante sia un sabato festivo per i più) ed io non ho intenzione di partire con lui e non avere quindi la possibilità di prendermela comoda, facendo un giretto per la città ed immergendomi nella realtà dello United parlando con le persone che vi gravitano attorno. Alex scenderà a sera in solitaria (dopo aver brevemente accarezzato l’idea di portarsi dietro per una volta moglie e figli), mentre io scendo a mezzogiorno con Bassman & co. per fare poi rientro in nottata con Alex stesso. In macchina mi tocca il posto da navigatore davanti, ma sospetto sia solo una mossa del Bassman per poter “deliziare” la platea del sedile posteriore coi nostri duetti di ruspante comicità di paese! Lungo la Milano-Torino scende una tenue pioggerellina, non so perché, ma mi sembra sia il tempo perfetto per questo concerto in quella città. Torino, una città che sulla mappa dell’Hardcore italiano è marcata rosso fuoco: i gruppi storici degli anni ottanta (Negazione, Declino, Contr-Azione, Franti, Nerorgasmo, Stinky Rats, gli stessi Kina seppur aostani erano affiliati in un certo modo alla prima scena torinese, ecc. ecc. senza dimenticare in ambito oi! i Rough), i posti occupati fra fine ottanta e primi novanta (El Paso, Barocchio, Delta House, Asilo, Prinz Eugen, La Casa, Isabella, ecc. ecc.), le bands dei 90’s (Church Of Violence, Frammenti, Crunch, I Fichissimi, Arturo, Rotten Brain, Belli-Cosi, Macello Comunale, ecc. ecc.). E si tratta di bands pezzi da novanta (specie quelle ottantiane) e di posti dove (El Paso in primis) è passato il meglio dell’Hc nazionale e mondiale. E tornando ai gruppi torinesi, loro avevano il suono di Torino, diverso da band a band ma quasi sempre scuro, sofferto e disperato, sia nella rabbia dei primi Negazione che nella poesia dei Franti. Io l’ultima volta che avevo suonato a Torino era stato ormai sedici anni fa, con gli Eternit, fra l’altro a Collegno, nella cintura torinese, in un concerto assieme ai tedeschi Peace Of Mind, organizzato da Pepi dei Fichissimi. E adesso rieccomi qua nel capoluogo piemontese, a sgranchirmi le ossa in un parcheggio vicino al centro, dove i miei compagni di viaggio hanno prenotato una pensioncina per la notte. Non perdo l’occasione di salire pure io nelle camere di questa caratteristica pensione, di quelle la cui disposizione di stanze e porte è un insulto alle più comuni norme di sicurezza, e dai cui abbaini mi godo la vista dei tetti della vecchia Torino. Usciamo, offro il caffè a tutti pagando il dovuto ad un barista sosia di Pete Townshend (The Who) versione anni sessanta, e ci facciamo un giretto per il centro. I portici e la pioggerellina mi riportano alla mente un’intervista ai Negazione su “Urlo” (1989), condotta ai tavolini di un bar sotto dei portici, appunto, mentre fuori pioveva ed era anche lì giugno o luglio. Vediamo dal di sotto la Mole Antonelliana (‘bello bello, la mole di Antonello’, come diceva Lino Banfi nel mitologico “Al bar dello sport”, ambientato proprio a Torino) e torniamo a riprendere l’auto per raggiungere lo United, che è sito un bel po’ fuori dal centro. Come da regola sbagliamo strada un paio di volte, ma abbiamo così occasione di farci un giro turistico non programmato per la città, passando dalle baraccopoli ai quartieri bene, dalle case popolari ai vecchi quartieri residenziali ormai in stato di abbandono. Passiamo anche vicino a Piazza Statuto (dalla quale ha preso il nome lo storico gruppo di mods torinesi, quello di ‘Ragazzo ultrà’ e delle sigle di QuiStudioAVoiStadio su Telelombardia) e la coincidenza a me non dispiace di certo. Arriviamo, troviamo Papo e Laura già in loco, e siamo subito ricevuti con tutti gli onori da Macno che, come prima cosa, ci porta in tour per il locale, mostrandoci il palchetto per le bands minori al piano terra (io penso che ci tocchi giustamente suonare lì, ma quando chiedo conferma Macno la prende come una battuta e per tutta risposta veniamo guidati al piano superiore nella sala del palco principale dove in effetti suoneremo), il negozietto di dischi/merchandise (dove comprerò “La storia dei Motorhead”, traduzione in italiano del libro di Joel McIver), il baretto, ecc. E’ davvero un bel posto, organizzato, pulito e tenuto bene e senza conseguenze evidenti dell’incendio che solo pochi mesi prima ne ha devastato una discreta parte. Nel frattempo arriva anche Mario Spesso che subito ci chiede come mai nessuno ‘di quei cafoni dei miei’ ci abbia ancora offerto da bere al bar: un’entrata così ci mette subito tutti di ottimo umore! ;-) Scambiamo quattro chiacchiere con lui, poi con un tipo ultra-rocker crampsiano di cui ho scordato il nome e infine con Saverio, l’assistente-motivatore di palco (parole sue, eh!), simpaticissimo e disponibilissimo e, nota di merito, “toppato” Turbonegro. Io intanto mi rendo conto di essere vestito da hardcorglione, con bermuda sotto il ginocchio, converse basse e maglietta d’epoca degli SNFU… Facciamo i suoni in quattro dato che Alex è per strada, ci mettiamo lo spazio di pochi minuti e un paio di pezzi, bravi e veloci i ragazzi al mixer. Intanto arrivano anche i Nabat. Io li ascolto dall’89 quando mi capitò in mano una cassetta con vari 7” di hardcore-punk-oi! italiano fra cui il loro “Laida Bologna” e oggi conosco a memoria tre quarti dei testi del loro repertorio. Come detto sopra, senza i Nabat i Gradinata non sarebbero mai nati, dato che il nostro primo concerto aveva una scaletta composta all’80% da loro covers (e il sottoscritto quella lontana sera indossava una t-shirt della band bolognese), per cui non posso esimermi dal donare una copia di “Never trust a indie” (dove ci sono tre loro covers) a Steno, il cantante, con malcelata emozione. La stessa che leggo nei suoi occhi quando prende il cd e gli dico quello che ho appena scritto, con lui che mi ringrazia dicendomi “sai, vuol dire due cose, una che abbiamo lavorato bene e l’altra è che sono ben vecchio, cristo!” …anche qui, un primo approccio che mi mette di ottimo umore. Steno è uno che ha fatto la storia dell’Oi! italiano fin dal 1980 almeno, un nome conosciuto in tutto il mondo, eppure rimane una persona coi piedi per terra, gentile e disponibile…come è giusto che sia, certo, ma diteglielo a tanti/troppi altri, và! E tutti i Nabat sono gente come si deve, da Riccardo (Pedrini, chitarrista e scrittore, cercatevi qualche suo libro) che porta due amplificatori, di cui uno appositamente per la nostra seconda chitarra, a Carlo Genio il bassista, al batterista argentino di origini calabresi (come Milito), per non parlare di Marty il fonico (che registrerà il concerto e ci passerà la registrazione) e di Rusty, il roadie/merchandise-man. Intanto arriva finalmente l’Alex, dopo una serie di peripezie per trovare la strada giusta e alcune soste per chiedere indicazioni in posti assurdi tipo un locale nigga-only, un ristorante ‘ndranghetiano e un bar dove finalmente dei giovani rom (probabilmente ispirati dallo spirito di Andy McCoy, lo zingaro -vero!- del rock’n’roll) gli indicano la direzione. E’ il momento della cena: tavolata imbandita come al ristorante, e poi antipasto, primo, secondo, dolce (Steno poi compie gli anni -”tanti” dice lui!- e quindi ha portato anche una torta direttamente da Bologna), caffè ed ammazzacaffè. Tutto ottimo ed abbondante, con tanto di menu sia per carnivori sia per vegetariani (io ed Andrè dalla nostra parte, più qualcuno del giro Nabat, ma non ricordo chi). Fossi Klaus Meine degli Scorpions ai cucinieri direi “there’s no one like you, you’re d-d-d-dynamite!!!” ;-). Durante la cena passa una volata a salutare l’altro Saverio, che fu il cantante dei Woptime (e pure il bassista dei Fuori Controllo). La tavola viene sparecchiata e quasi tutti si alzano ed escono dalla sala; rimaniamo io ed Alex ad ascoltare affascinati alcuni racconti di Steno e Ricky sui primissimi anni dell’oi! italiano. Poi, quando le tematiche si spostano su Davide Van De Sfroos (di cui Steno è un grosso fan) e sull’uso dei dialetti nella musica e nel cinema, entriamo nella conversazione noi due e Rusty; da lì alle terribili traduzioni italiane del film “Monty Python e il Santo Graal” il passo è breve, ed ancor più breve è quello verso una serie di citazioni dalla filmografia del gruppo comico inglese, in cui io, Alex e Riccardo siamo quelli che ne sanno a pacchi e scioriniamo una serie di scene a memoria ridendo come dei matti. Ecco, se mai avrò dei discendenti, un giorno gli racconterò questo momento come uno degli highlights della mia avventura coi Gradinata, ha ha! Purtroppo veniamo chiamati per ragioni tecniche e dobbiamo interrompere la conversazione, peccato perché dovevo ancora come minimo citare a memoria almeno la scena dell’ora di educazione sessuale condotta da John Cleese in “Il senso della vita”. Usciamo e nel frattempo sono giunti il RomeGianluca accompagnato da una Cinzia (la moglie) in stato decisamente interessante e addirittura BongoBongio (nostro van-driver nel 2002/2003) che arriva in dolce compagnia direttamente dalla Valtellina. Ci intratteniamo con loro di fuori, in attesa che le porte del locale si aprano anche al pubblico (altro sogno da rockstar dei miei quattordici anni che riesco finalmente a realizzare, eheh), visto che ormai non piove più. Vicino allo United ci sono un paio di locali, uno per latinos (in cui ci dicono che risse ed accoltellamenti, per motivi quasi sempre di gelosia, sono all’ordine del giorno) ed uno, decisamente più equivoco, di frequentazione maghrebina dove, mi dirà poi l’Alex, entravano personaggi su di età baffuti e ben vestiti, grasse matrone e giovanissime ragazze stile la Ruby di berlusconiana fama. Si fa l’ora di iniziare a suonare, veniamo radunati nel backstage con Saverio che fa veramente il motivatore pre-concerto, oltre ad offrirci birre e bottigliette d’acqua e in generale a trattarci coi guanti: trattamento a cui non siamo abituati, tanto che siamo tutti e cinque in imbarazzo totale! Io, visto il caldo, mi metto una tamarrissima canotta e saliamo sul palco davanti ad un discreto numero di presenti (pare che un concomitante concerto a Cuneo dei torinesi Bull Brigade -oi! band nata da ex membri di Banda Del Rione e Bad Dog Boogie, questi ultimi suonarono anche in Valtellina anni fa- abbia attirato laggiù una buona parte del contingente skins & punks locale); solito intro con “Pipeline” e poi io parto “alla grande” dimenticandomi in pieno uno stacco di “Tutti insieme”, un pezzo che suono solo dal 2001… Poi però fila tutto liscio e facciamo un discreto concerto (lo risentirò sul cd registrato dal fonico dei Nabat e dovrò ammettere che non è stato affatto male). Non ci sono grossi movimenti fra il pubblico, ma noto varie persone che cantano i ritornelli dei pezzi, anche di quelli più nuovi, e questa cosa mi fa molto piacere. Più nuovi, nel senso che sono quei pezzi del 2002/2003 che abbiamo registrato per l’album uscito nel 2010. La nostra scaletta è a tutt’oggi unica ed immutabile, dato che non abbiamo pezzi più recenti da suonare (per la cronaca, la cronica -bel gioco di parole, neh?- e giustificata assenza del Papo in sede di prove, ci ha permesso di avere solo tre brani nuovi, composti fra 2011 e 2012, che però non abbiamo ancora proposto dal vivo non avendo né testo né cantato). Intanto al nostro banchetto la Giulia (morosa di Andrè), forse grazie ai miei consigli sul come porsi agli avventori, forse grazie al suo visino giovanissimo ed innocente che attira gli acquirenti, forse grazie all’aiuto delle più esperte Chiara e Laura, sicuramente grazie ai prezzi bassissimi che abbiamo deciso di mettere (cd e t-shirts a 5 euro cad. , cd-raccolta a 2 euro), vende un bel po’ di materiale, anche se non le riesce il miracolo di far fuori certe porcherie che giacciono da tempo nella nostra minuscola distro ;-). Dopo di noi ecco i Nabat: per me, fan da più di vent’anni, è la prima volta che li vedo dal vivo. Certo, quando li conobbi erano sciolti, poi si sono riformati per qualche anno nei 90’s (e per svariati motivi me li sono sempre persi), ma questa recente reunion col ritorno nel gruppo di Riccardo (già nella band nei primi 80’s) mi permette finalmente di vedermeli! Concerto lunghetto, ma i Nabat sono come Bruce Springsteen o gli Iron Maiden: hanno talmente tanti classici che la gente (me compreso) vuol sentire, che non annoiano assolutamente, anzi! Tutti i pezzi dei dischi degli anni ottanta e qualcosina dai novanta, suonati benone con piglio molto rock’n’roll da una formazione compatta, tecnica e quadratissima, con Steno ottimo frontman: presenza scenica da vendere e presentazioni dei vari pezzi mai banali o sloganistiche. Vi devo anche dire che han fatto un concerto super o lo capite da soli/e? ;-) Alla fine, ricevuto il rimborso dallo Spesso, segue l’interminabile rito dei saluti, con qualche faccia sconosciuta che ogni tanto passa a farci i complimenti (come la signora sui cinquanta e passa; peccato però non averne ricevuti dal sosia dell’architetto Mangoni -di Elio e le Storie Tese memoria- presente nel locale) e i complimenti che faccio io all’organizzazione della serata e del posto parlando con Macno e Saverio, col quale devo però lamentarmi per la mancanza di groupies al mio servizio (almeno tre, come per Pozzetto in “Uno contro l’altro, praticamente amici” con Tomas Milian) ;-) Il motivatore, professionalissimo, mi promette che farà il possibile per il nostro prossimo live allo United ;-). Ed eccoci al finale che ormai sarete in grado di scrivere da voi: il sottoscritto e l’Alex, stavolta guido io la sua auto, autogrill per cafferone che dovrà tenermi sveglio, dato che in effetti il mio compagno di viaggio cade addormentato poco dopo e io lo lascio dormire, salvo svegliarlo in zona Milano per un aiuto a trovare la strada giusta verso casa. Dopodiché lui crolla di nuovo e io guido osservando l’alba. “Tutti hanno diritto al mattino, alla notte solo alcuni, alla luce dell’alba pochi eccelsi privilegiati” (come scrisse Emily Dickinson…no, non era parente di Bruce ;-) !). Alex invece, parafrasando gli Slayer, at dawn he sleeps… Arriviamo a casa mia, scarichiamo i miei pezzi di batteria e gli scatoloni del merchandise a fondo scale, saluto Alex, in tre viaggetti porto tutto nel mio appartamento e lascio la roba alla rinfusa appena dietro la porta, mi metto in pigiama (cioè in mutande, visto il periodo) e mi butto sul letto addormentandomi pressoché di botto e decretando ufficialmente la fine del mini-tour! ;-)